martedì 31 marzo 2009

Springtime Calling

Hercules and Love Affair - Blind (2008)

lunedì 30 marzo 2009

'The Lion' yoga position




RAGAZZI QUESTA E'LA POSIZIONE DI YOGA PIU' ESILARANTE DI TUTTI I TEMPI...io e gaia ci stavamo veramente (e non scherzoooo!)morendooooo...dal rideeeereee!

sabato 28 marzo 2009

venerdì 27 marzo 2009

CICERONE, l'amicizia è come il sole

In questo celebre brano Cicerone polemizza indirettamente con gli epicurei, che escludono dal sentimento di amicizia ogni eccessivo coinvolgimento, ritenendolo nocivo per l'uomo.

45 Alcuni che, a quanto sento dire, vennero considerati sapienti in Grecia, hanno sostenuto tesi a mio giudizio paradossali (ma non esiste argomento su cui non cavillino). Una parte afferma che dobbiamo rifuggire dalle amicizie eccessive, per evitare che uno solo si tormenti per molti; a ciascuno bastano e avanzano i propri problemi e farsi carico di quelli altrui è una bella noia. La cosa migliore, secondo loro, è allentare più che si può le briglie dell'amicizia, tirandole o lasciandole andare a proprio piacere; essenziale per vivere bene è la tranquillità, di cui l'animo non può godere se, per così dire, fosse uno solo a sopportare il travaglio per tutti. 46 Altri, invece, a quanto si dice, sostengono una tesi ancora più disumana; l'ho brevemente accennata poco fa: le amicizie andrebbero ricercate in vista di protezione e appoggi, non per un sentimento di affetto e stima; insomma, quanto meno uno è deciso e forte, tanto più aspira all'amicizia; ecco perché sono le donnicciole a chiedere la protezione dell'amicizia più degli uomini, i poveri più dei ricchi e gli sventurati più di chi è considerato felice. 47 Ma che bella saggezza! È come se privasse l'universo del sole chi priva la vita dell'amicizia: e niente di più bello, niente di più gradito dell'amicizia abbiamo ricevuto dagli dèi immortali. Allora, che cos'è mai questa tranquillità, in apparenza seducente, ma in realtà da ripudiare per molti aspetti? No, non ha senso rifiutarsi di intraprendere una cosa o un'azione onesta, oppure abbandonarla dopo averla intrapresa, per evitare noie. Ma se fuggiamo le preoccupazioni, dobbiamo fuggire la virtù che, all'inevitabile prezzo di qualche apprensione, ci porta a disprezzare e odiare il suo contrario, come fa la bontà con la cattiveria, la temperanza con le passioni, il coraggio con l'ignavia. Ecco perché si vedono soprattutto i giusti soffrire per le ingiustizie, i coraggiosi per la viltà, i moderati per gli eccessi. E' proprio di un animo ben educato, quindi, rallegrarsi per il bene e affliggersi per il male.

(Cicerone, De amicitia 45-47)

Napoli brucia...

http://www.radiodimassa.tk/
[E' una radio autogestita dagli studenti di Lettere dell'Università di Napoli].

In Italia si spara troppo...
Oltre le cazzate dei politici,
ora (ora se fa pe' dì!) anche proiettili...

Tarkovskij: cristalli sulle pareti dell'anima

Andrej Tarkovsky (regista di Solaris - non quello con Clooney - , Stalker, Andrej Rublev, ecc.) ha pubblicato con Thames & Hudson un bel libro di Polaroid: Instant Light

Le immagini sono accompagnate da testi dell'autore, come questo, in cui sorprendentemente mi sono ritrovato (il cinema di Tarkovskij mi fa venire il latte alle ginocchia)

How does a project mature?
It is obviously a most mysterious,
imperceptible process.
It carries on independently of ourselves,
in the subconscious,
crystallizing on the walls of the soul.
It is the form of the soul
that makes it unique,
indeed only the soul decides
the hidden 'gestation period' of that image
which cannot be perceived
by the conscious gaze.

giovedì 26 marzo 2009

un altro sassolino nel grande edificio della paura ?

de Cataldo interviene alla presentazione di un suo libro: Fuoco !
ciò che mi ha colpito é la lucidità con cui afferra l'aspetto sociale della sua opera di scrittore (comincia al minuto 3:20)

SMS: vita o morte ?

rambo doppiato da nidodelcuculo QUI

mercoledì 25 marzo 2009

ieri, oggi, domani

buongiorno a tutti crogiolo di teste pensanti!

come state?

ebbene ecco le mie proposte offerte a meltingminds:



ieri: ha inaugurato nello spazio espositivo di Careof-ViaFarini (via Procaccini, 4), mio attuale luogo di lavoro, un'interessantissima mostra che consiglio a tutti di andare a vedere: "Mobile Archive", progetto presentato dall' Israeli Center of Digital Art e approdato adesso a Milano. Si tratta di un vero e proprio archivio mobile che funziona in questo modo: in Israele è vietato mostrare video di artisti palestinesi, in Palestina e in molti altri Paesi limitrofi la censura è reciproca. Dunque the Mobile Archive per promuovere artisti arabi di ogni dove si ripropone di superare questa censura oltrepassando i confini e allo stesso tempo accogliendo nel suo archivio ogni volta venti nuovi video del paese ospitante. Ogni visitatore può scegliere da una vastissima gamma di video che ogni settimana ruotano e decidere cosa proiettare nella mostra. Se passate di lì e vi interessa l'argomento ve lo consiglio...i video talvolta sono un pò angoscianti ma ce n'è di tutti i tipi.



oggi: Spazio 'O via Pastrengo 12 (dietro al Frida) : Oren Ambarchi & Attila Faravelli, ore 21 euro5. Oren suona la chitarra.Ma più che altro gli piace filtrarla attraverso l'elettronica fino ad arrivare a stravolgerla completamente e a raggiungere spesso i confini del silenzio.I confini di un minimalismo ambient a tratti impercettibile, fatto di sospensioni emotive sognanti e malinconiche, angoscianti e lisergiche, vicine alle sperimentazioni di William Basinski, giusto per fare un esempio.Oren ha collaborato nel tempo con artisti come Sunn O))), Christian Fennesz, Otomo Yoshihide, Pimmon, Keiji Haino, John Zorn, Dave Grohl, giusto per citarne alcuni.



domani: Careof-ViaFarini, Fabbrica del Vapore, ore 22: C Night, Il party del festival dell'arte contemporanea di Faenza. Dj set di David Casini e Clash Disco.

....e che ci vogliamo perdere la parata multigusto della varia umanità che frequenta queste cose? vogliamo lasciarci scappare l'occasione di poter dire "anche io c'ero"?...possiamo forse vivere ancora senza sapere come sarà vestito domani sera milovan ferronato?...la risposta è ovvia, no!

allora se siete presi bene e siete in pace con il mondo (lo dico perchè per esperienza personale a volte i nervi in questi posti possono saltare) e avete voglia di fare festa....passate a trovarmi!

martedì 24 marzo 2009

Canzone del giorno...

Che giornate strane quelle d'inizio primavera...
Non si sa come vestirsi,fa caldo,fa freddo,piove,
c'è il vento,nevica,malumori,malesseri,ormoni,
neuroni,negroni...
Bha...La rinascenza...

Per fortuna che c'è ManuChaoooo...hihiii!

lunedì 23 marzo 2009

La fotografia del nuovo millennio

A smentita del fatto che non faccio nulla di culturale a Torino, ieri mi sono recata in quel luogo meraviglioso che è il castello di Rivoli. Sono andata con alcune amiche a vedere la mostra di Thomas Ruff (dato che i miei intenti di venire a Milano si sono andati a far benedire dalla mia gloriosa sveglia alle 13:30. Non sono più giovane come una volta e accuso le serate drum 'n' base vino alle 6).

La mostra è incentrata nel voler dare una panoramica non approfondita al lavoro sul concetto di fotografia di Thomas Ruff.

Alcune sperimentazioni sono davvero molto interessanti, a mio gusto quelle che mi hanno colpito di più sono state le operazioni fatte su foto scaricate da internet.

Ruff gioca sulle percezioni visive dei visitatori, dimostrando come la fotografia non sia una ripresa del vero, ma la costruzione verosimile di emozioni.
La tecnica non è fondamentale per costruire una fotografia ricca di significato. Il suo lavoro è puramente semiotico.

Con l'aiuto di photoshop ristruttura delle immagini fortemente caratterizzate, come la caduta delle torri gemelle o le foto a esplicito contenuto pornografico, per mostrare come non siano reali.
Lo spostamento dei pixel rendono le foto riconoscibili a grande distanza (almeno 5 metri), ma illegibili da vicino. Questo procedimento richiama le sperimentazioni prospettiche rinascimentali (oltre a costringere lo spettatore ad avere un ruolo attivo dell'osservazione e non essere distratto).
In un mondo dove internet equivale alla verità, dove la fotografia popolare è diventata informazione, Ruff si distacca dal coro e ci mostra i piedi d'argilla di un gigante che abbiamo costruito sulla base della nostra morbosa curiosità.

Se volete venire a trovarmi questo è un motivo in più :-)



sembra interessante, ma il trailer comincia davvero con un paragone del cazzo !!!

domenica 22 marzo 2009

Frammenti di sapienza moderna.

"La fantasia ordina qualsiasi realtà."

(da "I migliori: frammenti di sapienza moderna vol.II"di D'Ambrosio Angelillo)

sabato 21 marzo 2009

Forgotten songs: The Statler Brothers - Flowers on the wall (1965)

Clint Clint Clint

dopo 5 anni (Million Dollar Baby) il volto più grinzoso della storia del cinema torna sul grande schermo in un film che non fa una piega. Ironia e tenerezza, amicizia e violenza, rifiuto e desiderio si fondono mirabilmente nella nuova pellicola di Clint Eastwood.

CI VEDIAMO STASERA?!??!


BHOOOOO

La canzone del giornooo...e non chiedetemi perchè!

venerdì 20 marzo 2009

Frozen Feelings

Incuriosito da una critica positiva di Tarantino e dal fatto che era in programmazione all'Eliseo sono andato a vedere Frozen River.
ebbene: non lo consiglio.
potenzialmente una buona storia, non riesce a sviluppare nello spettatore sufficiente empatia per il destino delle due protagoniste. l'immensa lastra di ghiaccio che devono attraversare per guadagnare a sé e ai loro figli una vita migliore sembra misteriosamente ridursi a una pozzanghera.

Indovina chi viene a pranzo?

Oggi ho avuto l'immenso piacere di conosce ad un pranzo Marco, il cantante de I COSI.

Una persona meravigliosa, davvero a modo: gentile, cortese, simpatico e divertente.
Così ho pensato, per chi di voi non li conoscesse, di postarvi il loro singolo più famoso (anche se non il migliore).
Sono dei veri e propri musicisti, con un approccio concreto ed appassionato. Magari andate a vederli al Magnolia voi che potete :-)

Forgotten Songs: The Four Tops - I Can't help myself (1965)



Bellissima!

mercoledì 18 marzo 2009

Gino Paoli - Sapore di sale (1962)

The "100 MOVIES I CAN'T LIVE WITHOUT" List

#11 - Il Sorpasso

Un film di Dino Risi. Con Vittorio Gassman, Claudio Gora, Jean-Louis Trintignant, Catherine Spaak, Linda Sini. Drammatico, b/n durata 108 min. - Italia 1962.



Per Bruno, quarantenne ossessionato dalla furia di vivere e dal timore della vecchiaia, correre in auto diventa una rivincita sui fallimenti della vita privata. Coinvolge nelle sue smaniose avventure uno studente timido. Uno dei capolavori della commedia italiana del “boom”. La società di quel periodo è resa con un'euforia rara, un'ammirevole sapienza nel passare dall'agro al dolce, dal comico al grave. Il pubblico lo capì meglio dei critici. “Il gran merito del film è non solo di aver così bene isolato e descritto quel personaggio emblematico, ma anche di averlo giudicato, con la catastrofe finale frutto della sua incoscienza; di avere insomma insinuato qualche dubbio, qualche dubbio di inquietudine nel tempo delle vacche apparentemente grasse...” (M. D'Amico).

martedì 17 marzo 2009

buon ST.PATRICK ! ...anche se forse non me ne importa per niente

CLIKKAMI!

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All-Time Favourite Directors

#7 - Billy Wilder


Maestro di commedie esilaranti, dal tocco leggero e insieme sottilmente pungente, autore di grandi storie drammatiche, amare e corrosive, capace di tenere insieme commedia e dramma in un infuso di sapore agrodolce, lascia una traccia indelebile nella storia di Hollywood e del cinema tutto. Austro-ungarico di nascita, giornalista prima a Vienna (dove riesce a farsi buttar fuori di casa da S. Freud) e in seguito a Berlino, svogliato studente di giurisprudenza all'università della capitale, «ghostwriter» occasionale, soggettista e sceneggiatore, lascia la Germania all'avvento di Hitler per emigrare prima in Francia e poi negli Stati Uniti.
Wilder scaverà nei traumi della società americana con occhio crudo e impietoso, mascherandoli dopo dietro il velo liberatorio delle situation comedy e del burlesque: Giorni perduti e Sabrina (1954); L'asso nella manica (1951) e Quando la moglie è in vacanza (1955). E diverrà ben presto un maestro in quella regia «invisibile», propria del film classico hollywoodiano, filmando il «dentro» e il «fuori» del cinema. Un titolo su tutti,Viale del tramonto (1950), dove mette in scena un morto che parla (W. Holden), che racconta in flash-back i retroscena del suo assassinio. Con L'appartamento (1960) piombano nella carriera di W. cinque Oscar. Grande intreccio di commedia e dramma, il film è un capolavoro dai toni farseschi e dal sapore crudo. J. Lemmon è perfetto nella parte del piccolo impiegato che pur di far carriera mette a disposizione il proprio alloggio per le scappatelle extraconiugali degli alti dirigenti. Servizievole, dimesso, sostanzialmente succube, Lemmon alza la testa quando scopre che la dolce S. MacLaine, amata in segreto, è una delle prede del proprio direttore.

"Il cinismo che a Wilder è stato da ogni parte attribuito è ben reale, ma è tuttavia quello dei grandi conoscitori della natura umana e non di coloro che – legioni nel nostro tempo e in ogni tempo – pretendono conoscerla per farne giustificazione alle proprie colpe o viltà. Alla lunga, ci si è pur accorti che Wilder è uno dei più acuti narratori della perdita di peso della morale individuale nelle spire della storia e nelle leggi dell’economia, che è insomma un grande moralista, e che dalla conoscenza delle umane debolezze egli non deriva una misantropica ripulsa dell’uomo, di cui anzi sa cogliere la delicatezza, tenerezza, solidarietà e dignità, ma semmai una sempre disincantata e a volte affettuosa partecipazione. Conoscere non vuol dire approvare, ma neanche ripudiare in una superba dichiarazione di distanza o di differenza. Maestro del dramma e della commedia, Wilder non ha lesinato giudizi e opinioni; talora conquistando immediatamente l’adesione del grande pubblico statunitense e talora invece – anche se l’aggressività non era maggiore e l’intelligenza dell’analisi e dell’accusa non era minore – irritandolo oltre modo perché toccava i suoi più radicati pregiudizi, il suo puritanesimo." (G. Fofi)


Titoli consigliati (e preferiti):
- Viale del tramonto (1950). Voto: * * * * *
- L'asso nella manica (1950). Voto: * * * *
- Quando la moglie è in vacanza (1956). Voto: * * * *
- A qualcuno piace caldo (1959). Voto: * * * * 
- L'appartamento (1960). Voto: * * * *

All-time directors: #8 - Marco Ferreri; #9 - Pier Paolo Pasolini; #10 - Clint Eastwood

The "100 MOVIES I CAN'T LIVE WITHOUT" List

#12 - Nuovo Cinema Paradiso

Un film di Giuseppe Tornatore. Con Enzo Cannavale, Philippe Noiret, Jacques Perrin, Nicola Di Pinto, Brigitte Fossey. Drammatico, durata 157 (132) min. - Italia 1988.



Salvatore Di Vita, regista affermato a Roma, torna dopo 40 anni nel natio paese siciliano per i funerali del proiezionista Alfredo che gli insegnò ad amare il cinema. Il ricordo del passato lo aiuta a ridefinire il presente. Oscar 1989 per il film straniero e 2° premio al Festival di Cannes. È un'elegia sulla morte del cinema in sala nelle cadenze di un melodramma popolare, ma rivisitato con l'ottica scaltra di un cineasta di talento, europeo e, insieme, profondamente siciliano. G. Tornatore fa un cinema della ridondanza, ma anche di una forza generosa di cui l'anemico cinema italiano degli anni '80 aveva bisogno. L'edizione premiata è frutto del radicale taglio eseguito dal regista con il produttore Franco Cristaldi (fu tolto un blocco di 25 minuti, eliminando il personaggio di B. Fossey), dopo le prime presentazioni nelle sale. Distribuito all'estero come Cinema Paradiso. 5 premi della British Academy: film straniero, sceneggiatura, P. Noiret, S. Cascio, musiche (indimenticabili) di Ennio e Andrea Morricone.

MAO - un museo mancato

lo scorso fien sett ho visto il Museo di Arte Orientale di Torino con lafra (ebbene sì, quando ci sono io, lafra riesce anche ad andare per musei!)

Per me deludente: il materiale esposto sembra buono (magari é ottimo, da profano non posso giudicare) però in molte sezioni non si capisce proprio che cosa ti trovi di fronte (un oggetto di culto, un soprammobile, la decorazione di un tempio o di un luogo pubblico ? ) e spesso nemmeno che cosa é rappresentato (finché si tratta del vecchio Buddha ci arrivo, ma Vishnu e Parvapati)
se si vuole capire qualcosa ci sono dei monitor touchscreen (pochi) che permettono di visualizzare i pezzi esposti (non tutti) con una didascalia ad altezza ombelico (il mio)
quindi multimedialità ridotta all'osso (robe che potevano piacere al pubblico 10 anni fa) e con una drammatica svista: il testo é disponibile, oltre all'italiano, anche in inglese e francese. ma che dire ai cinesi e agli indiani che sempre di più vengono a visitare le nostre città e che si potrebbero trovare improvvisamente di fronte a pezzi del loro passato?

ciò non toglie che si possono trovare trovare cose interessanti, specialmente se come lafra avete un iPhone che si connette a google e vi dà in tempo reale qualche ragguaglio web su quello che vi stuzzica... nemmeno i musei sono più quelli di una volta!

L'onda - Die Welle

Oggi sono andata in un cinema intellettualoide di Torino, il Massimo (per intenderci quello del museo del cinema).

Come faccio a dire che è un cinema intellettualoide? Facile non vendono i pop corn e la coca cola ('tacci loro) e tengono le luci spente fino alla fine dell'ultimo titolo di coda.

Sono andata a vedere L'Onda.
Il film, tedesco, tratta il complicato argomento delle autocrazie. Strizza l'occhio alla Harent e imita pesantemente American History X, The Experiment e Elephant.
L'argomento è scottante, tra l'altro è una storia vera... o meglio più o meno a parte la fine (aggiunta pietosa e alquanto discutibile del regista) e qualche scena intermedia che può essere agevolmente eliminata dato che favorisce solo la parte spettacolare.

A parte tutto questo fa riflettere. I concetti di gruppo, di appartenenza e di sostegno vengono sviscerati molto bene.

Sarei curiosa di sapere cosa ne pensate.
Intanto il trailer... alquanto discutibile.

domenica 15 marzo 2009

Studiando la Divina Commedia...

Sicily (2003-2008)



Come molti di voi sanno, la Sicilia è stata la mia seconda patria estiva (dopo Napoli) per quasi una decennio. L'ho girata in lungo e largo: con amici o da solo, per puro divertimento o per incontrare luoghi, persone, idee. Quest'anno, per la prima volta dal 2002, potrei non tornarci. Ho pubblicato su Flickr una piccola raccolta (in aggiornamento) di istantanee, senza titolo né descrizione, che ho ritrovato, quasi dimenticate, nei "miei archivi" virtuali.. 
C'eravate un po' tutti, anche laddove non vi trovaste.
Un abbraccio, p.

sabato 14 marzo 2009

The "100 MOVIES I CAN'T LIVE WITHOUT" List

#13 - C'era una volta in America
Un film di Sergio Leone. Con Elizabeth McGovern, James Woods, Robert De Niro, Treat Williams, Joe Pesci. Titolo originale Once upon a Time in America. Poliziesco, durata 218 min. - USA 1984.




All'origine dell'ultimo film di Leone (1929-89) c'è il tempo con la sua vertigine. Come struttura narrativa, è un labirinto alla Borges, un giardino dai sentieri incrociati, una nuova confutazione del tempo. La sua vicenda abbraccia un arco di quasi mezzo secolo, diviso in 3 momenti: 1922-23, quando i protagonisti sono ragazzini, angeli dalla faccia sporca alla dura scuola della strada nel Lower East Side di New York; 1932-33, quando sono diventati una banda di giovani gangster; 1968, quando Noodles (R. De Niro), come emergendo dalla nebbia del passato, ritorna a New York alla ricerca del tempo perduto. Se il 1922 e il 1932 sono flashback rispetto al 1968, il 1968 è un flashforward rispetto al 1933: il Noodles anziano è una proiezione di quel che Noodles, allucinato dall'oppio, ha sognato nella fumeria. Il presente non esiste: è una sfilata di fantasmi nello spazio incantato della memoria. Alle sconnessioni temporali corrispondono le dilatazioni dello spazio: con sapienti incastri tra esterni autentici ed esterni ricostruiti in teatro, Leone accompagna lo spettatore in un viaggio attraverso l'America metropolitana (e la storia del cinema su quell'America) che è reale e favoloso, archeologico e rituale. Sono spazi dilatati e trasfigurati dalla cinepresa; spazi anche sonori e musicali, riempiti dalla musica di E. Morricone e da motivi famosi: “Amapola”, “Summertime”, “Night and Day”, “Yesterday”. È un film di morte, iniquità, violenza, piombo, sangue, paura, amicizia virile, tradimenti. E di sesso. In questa fiaba di maschi violenti le donne sono maltrattate; la pulsione sessuale è legata all'analità, alla golosità, alla morte, soprattutto alla violenza. È l'America vista come un mondo di bambini. Piccolo gangster senza gloria, Noodles diventa vero protagonista nell'epilogo quando si rifiuta di uccidere l'ex amico Max. Soltanto allora, ormai vecchio, è diventato uomo. Il produttore Arnon Milchan rimontò e ridusse il film a 2 ore per la versione da distribuire negli USA e fece fiasco.

venerdì 13 marzo 2009

La grande nevicata del 6 gennaio:video

...E pensare che quel giorno sono riuscita a tenervi nascosta la mia grande felicità data certamente dalla vostra compagnia e dalla superdivertente neve,ma sopratutto dall'inaspettata notizia (saputa il 5 gennaio): sto per diventare zia di un altro maschietto!!!

Zia Manu alla seconda

The Devil's Job



Probabilmente molti di voi già lo conosceranno: The Best Job in the world (www.islandreef.job) è, come il titolo suggerisce, una sensazionale offerta di lavoro diffusa su Internet dal governo del Queensland (Australia). In pratica consiste nello stare per sei mesi su un'isola sperduta del Reef corallino, e avere come uniche mansioni la cura di un blog, l'osservazione delle balene e della uova di tartaruga. Compenso totale: 75.000 euro, per 14 ore di lavoro al mese - sì avete sentito bene.
Nel giro di poche settimane sono arrivate - e c'era poco da rimanere sorpresi - ben due milioni di curriculum, di cui 1,300 dalla povera italietta. Di questi ne sono stati cestinati 1,999,999,950: i sopravvissuti alla selezione ora attendono con ansia il voto degli utenti che, sul sito ufficiale, potranno decretare chi sarà l'individuo più invidiato (e odiato) dei prossimi sei mesi. In pole position ci sono, nell'ordine: la solita secchiona taiwanese, la solita bambolina russa (rivelatasi ex-pornodiva), il solito fustacchione americano (per fortuna a notevole distanza dalle prime due).
La web community di mezzo mondo si è già fatta del male, immaginano e sproloquiando sui possibili vantaggi offerti da un paradiso del genere: la possibilità di crearsi un harem di aborigene su misura (investendo) magari una frazione dello stipendio su eventuali compagnie femminili, di dedicare più tempo alle telefonate con amici (ammesso che ne abbiate ancora, a quel punto) per informarli del vostro godimento e, non ultimo: la possibilità di masturbarsi tutto il giorno tra le onde senza timore d'essere visti dai selvaggi. In realtà - anche se non è scritto da nessuna parte - il Best Job non è che una incredibile intuizione di qualche cervellone perso a studiare le possibili forme di marketing territoriale (e virale) applicabili a quel territorio dimenticato dal Mondo. Basta fare due calcoli per capire la fortuna di una simile trovata: quante persone conosceranno, adesso, quell'isola nel Reef? Facciamo cifra tonda: 100 milioni di smanettoni. Ora, se pure ci fosse, in questa fetta bella grossa di internauti, non dico un 1%, neanche uno 0,1%, ma anche solo uno 0,01% di persone che decidessero, col portafoglio pieno, di raggiungere quell'isola e di spendervi, poniamo, tra i 3 e i 4mila euro in bungalow e latte di cocco servito freddo, sapete quanto sarebbe il guadagno per l'indotto locale? Di 40 milioni di euro, sarebbe. A fronte dei 75.000 investiti su poveraccio - sarà odiato tutta la vita e metterà fine per sempre alla sua vita sociale.
Inutile dire che la macchina diabolica non aveva bisogno della crisi mondiale e dell'ipercompetitività giovanile anni Duemila per funzionare a meraviglia: chi l'ha inventata è un genio del Male, ma è un genio.

la differenza tra l'amante, l'amore e l'amare

Mi rivelo a me stesso, nella mia dualità di sensazione e parte senziente, di ciò che è amabile e ciò che ama.
E mi accorgo di compartecipare me stesso, in un dialogo costante che intercorre tra me e ciò che vive  in me, ma che non sono io.

ALL-Time 10 Favourite Directors

#8 - Marco Ferreri





L'universo di Ferreri è di natura «istintuale»: fa della forza di un'idea il perno di ogni film. Il cineasta costruisce i suoi apologhi inquietanti quasi sempre intorno a un concetto chiave, che si dilata, si espande e si accumula su sé stesso, e che alla fine si rivela spiazzante, travalicando i margini del realismo per sfociare nell'iperbole allegorica, nell'iterazione ossessiva, nel grottesco. Scambiato inizialmente per un erede del neorealismo, in realtà Ferreri si mostra un cineasta dell'angoscia esistenziale che riesce a far assumere alle proprie ansie e ai propri fantasmi una dimensione universale. Se Dillinger è morto (1969) rappresenta una sorta di paradigma dello sguardo demolitorio, iconoclasta e demistificante di Ferreri (nel finale del film un tranquillo uomo qualunque compie un omicidio che appare quasi ineluttabile), l'opera successiva, Il seme dell'uomo (1969), esibisce una sarcastica e allarmante messa in scena delle pulsioni autodistruttive della cosiddetta società dei consumi, con i suoi simboli ridotti a scorie «insignificanti» nella cornice di un desolato «paesaggio dopo la catastrofe» (atomica? ecologica? biologica?). Di lì in avanti, la sua sensibilità indocile sembra aprirsi a una visione del tutto peculiare dei sussulti indotti dai movimenti di contestazione. Non a caso, dopo aver girato La cagna (1972) con il consueto tocco sulfureo, realizza lo straordinario La grande abbuffata (1973), in cui mette in scena una sorta di crapula interiorizzata, allargata per estensione al sesso e alla foia copulatoria. Morire di eccessi gastronomici, lasciarsi andare trangugiando cibo prelibato senza ritegno ma con gran classe, scoppiare con dignità: è il rovesciamento del buñueliano fascino discreto della borghesia, in cui i protagonisti rimangono a tavola come inchiodati. I personaggi di F., invece, hanno deciso un emblematico suicidio, e se ne vanno uno alla volta, in una sorta di smisurato «cupio dissolvi».

giovedì 12 marzo 2009

Venerdì aperitivo!!!!!


Ciao ragazzuoli, che ne dite di fare un aperitivello dopo lavoro all'Hora Feliz???
Buon Venerdì a tutti!!!

MOANA la grande

stasera vado a vedere moanapornorevolution al litta

qui la presentazione



(12 euro, comincia alle 21 ma bisogna essere lì alle 20,30 per prendere il biglietto)
é necessaria la prenotazione telefonando al 02.86454545

se qualcuno venghi mi facci sapere!

Ricordi dello Zen di Palermo..


da un articolo sul corriere della sera magazine:

"Una cosa hanno imparato i diecimila abitanti dello Zen: dog eats dog, cane mangia cane. Fin dagli anni Ottanta, quando le case ancora non collaudate, senza acqua né luce, furono occupate abusivamente. Francesco Dominici, muratore disoccupato, e sua moglie Vincenza allo Zen ci sono nati, si sono conosciuti, hanno avuto un figlio. Stavano all’insula 3, quando sono cominciati i lavori di ristrutturazione, hanno conquistato parte dell’ingresso di uno dei padiglioni, hanno tirato su una parete e un pavimento: per tre mesi hanno abitato qui, prima di andare a vivere in un palazzo del centro storico, abitato dai senza casa dello Zen, per un percorso inverso che riporta nel cuore di Palermo i figli di chi se ne andò vent’anni fa. Per alzare un muro abusivo, per chiudere uno spazio comune occorre prestigio personale o il pagamento di una licenza - da due a diecimila euro a seconda dei metri quadrati - al boss dell’insula. In un’insula, gli inquilini si sono organizzati: pagano una retta condominiale per le pulizie, per i lavori di allaccio abusivo alla conduttura dell’acquedotto, per la piccola manutenzione, con tanto di regolare ricevuta che poi presentano al Comune. Il Comune attraverso la sua municipalizzata, l’Amap, nega il regolare contratto di fornitura d’acqua perché i residenti sono occupanti abusivi, ma a volte rimborsa i costi dell’acqua ottenuta fuori da ogni regola. Leggi dello Zen: l’alloggio occupato può essere venduto, ceduto, acquistato. O meglio: il diritto all’abuso può essere venduto, ceduto, acquistato."


The "100 MOVIES I CAN'T LIVE WITHOUT" List

#14 - West Side Story

Un film di Robert Wise, Jerome Robbins. Con Natalie Wood, Rita Moreno, Richard Beymer, George Chakiris. Musicale, durata 151 min. - USA 1961.



Versione cinematografica di un musical (1957) di A. Laurents-L. Bernstein-S. Sondheim: è la storia di Giulietta e Romeo trasferita nei quartieri popolari della West Side di New York City, non senza insistenza sui temi dei conflitti razziali e della violenza e con qualche spunto polemico verso i miti di libertà e tolleranza negli USA. I due assi vincenti sono le canzoni di Bernstein-Sondheim e le coreografie del geniale Jerome Robbins, spesso girate dal vero nella 68° e nella 118° Strada prima della loro demolizione. 10 premi Oscar: film, regia, G. Chakiris, R. Moreno, fotografia, costumi, scenografia, montaggio, colonna sonora e coreografia. I titoli di testa di Saul Bass sono tra i più belli della storia del cinema.

The "100 MOVIES I CAN'T LIVE WITHOUT" List

#15 - Il padrino, parte II

Un film di Francis Ford Coppola. Con Robert Duvall, Diane Keaton, Robert De Niro, Al Pacino, John Cazale. Titolo originale The Godfather, Part II. Drammatico, durata 200 min. - USA 1974.



Nel 1901 Vito Andolini, ragazzetto siciliano, raggiunge gli Stati Uniti, per una svista prende il nome di Vito Corleone, si fa strada nella Little Italy, crea un impero del crimine (case da gioco, prostituzione) che trasmette al figlio Michael. Nel 1958 Michael è costretto a meditare sul futuro della famiglia: il fratello lo tradisce, alcuni rami dell'organizzazione tentano di rendersi autonomi, il Senato lo cita, Cuba passa dal governo di Batista a quello di Fidel Castro, la moglie si procura un aborto. È qualcosa di diverso da un seguito: racconta non solo quello che viene dopo il 1°, ma anche quello che lo precede. Il n. 1 s'incorpora nel n. 2, e ne viene continuamente evocato. Forte del successo, Coppola ha mano libera nel mettere a fuoco le ambizioni di trasformare un gangster-film in una tragedia moderna, una grande metafora sull'America dopo la fine del “sogno”. “Ancor più che il 1°, si presta a ogni sorta di lettura: psicanalitica, politica, sociologica, estetica, ossia Ivan il Terribile raccontato alla maniera di Scarface” (E. Ungari). Ancora fotografia di Gordon Willis e musiche di Nino Rota. Ottenne 6 premi Oscar (film, regia, sceneggiatura, R. De Niro, scenografie, musica), ma gli incassi calarono: 30 milioni di dollari sul mercato americano contro gli 86 del 1°.

L'IRONIA è tutto nella vita!

Dispiace un po' a tutti... ritroviamo il sorriso...

mercoledì 11 marzo 2009

Darren colpisce ancora

grande Aronofsky! e grande (tragico) Mickey Rourke.
secondo me é da vedere senza pensarci due volte, anche se ci vuole un po' di stomaco per le scene sanguinolente.
meglio se visto al cinema, dove il dolby stereo rende al meglio gli effetti sonori.

Toda joia toda beleza...

martedì 10 marzo 2009

Bho...blog ringrazia!

Ringrazio i Melting Minds Administrators per aver inserito il Bho...Blog nell'elenco dei link qui a fianco!

(BHO POSTER by R.L.TILLMAN http://rltillman.com/)

la mia personalissima top ten

Credo sia la prima volta che rispondo seriamente ad una top lanciata da Paolo. Spero possiate perdonare un pò la classifica scontata:

1- Gus Van Sant
2- Lars Von Trier
3- David Lynch
4- Stanley Kubrick
5- Alfred Hitchcok
6- Cristopher Nolan
7- Pier Paolo Pasolini
8- Orson Welles
9- Quentin Tarantino
10- Gabriele Salvatores (aspettando Bagheria dato che io e Alice abbiamo dormito nella villa settecentesca dove c'era il set)

P.S. sono tutti linkati se volete un assaggio del perchè...

lunedì 9 marzo 2009

L'omicidio di Pasolini

Passano davanti ai miei occhi immagini di una violenza impensabile.
Il cranio massacrato di quel Pasolini che tanto ha dato al nostro paese in molti campi,
è un’immagine che stento a cacciar dalla mia testa.
Non siamo ancora arrivati a delineare come e perché sia avvenuto il suo omicidio,sono ancora troppi gli interrogativi e i misteri che circondano inesorabilmente questo delitto.
Passano i decenni, Pasolini viene ancora proposto nelle università come scrittore e poeta della contemporaneità e dopo trent’anni dalla sua scomparsa ancora ci si chiede quanto questo incredibile scrittore avrebbe potuto offrire ad un mondo in piena crisi di coscienza…



Io e i principi

Un po' di discorsi fatti in questi giorni con Fede sul modo di vivere mi hanno fatto tornare in mente questa canzone.
Se la leggete bene i vecchi amanti non sono per forza una coppia uomo-donna, nella versione di Battiato (non quella di De André) la descrizione del conflitto trascende l'essere umano.
Diciamo che rappresenta bene il mio rapporto con alcune ideologie di pensiero, per il momento. Sono in un periodo di rottura con l'idea.


Certo ci fu qualche tempesta
anni d'amore alla follia.
Mille volte tu dicesti basta
mille volte io me ne andai via.
Ed ogni mobile ricorda
in questa stanza senza culla
i lampi dei vecchi contrasti
non c'era pi una cosa giusta
avevi perso il tuo calore
ed io la febbre di conquista.
Mio amore mio dolce meraviglioso amore
dall'alba chiara finch il giorno muore
ti amo ancora sai ti amo.
So tutto delle tue magie
e tu della mia intimit
sapevo delle tue bugie
tu delle mie tristi vilt.
So che hai avuto degli amanti
bisogna pur passare il tempo
bisogna pur che il corpo esulti
ma c' voluto del talento
per riuscire ad invecchiare senza diventare adulti.
Mio amore mio dolce mio meraviglioso amore
dall'alba chiara finch il giorno muore
ti amo ancora sai ti amo.
Il tempo passa e ci scoraggia
tormenti sulla nostra via
ma dimmi c' peggior insidia
che amarsi con monotonia.
Adesso piangi molto dopo
io mi dispero con ritardo
non abbiamo pi misteri
si lascia meno fare al caso
scendiamo a patti con la terra
per la stessa dolce guerra.
Mon amour
mon doux, mon tendre, mon merveilleux amour
de l'aube claire jusqu' la fin du jour
je t'aime encore, tu sais, je t'aime.


A parte le mie considerazioni personali, vorrei cogliere l'occasione per proporvi un po' di buona musica comunque.
Ecco a voi la versione ultra carnale invece di Petra Magoni, Ferruccio Spinetti e Bollani. Incredibile come tre diverse versioni di uno stesso testo ne possano cambiare così tanto il significato.

All-Time 10 Favourite Directors

#9 - Pier Paolo Pasolini



I registi di cui si può dire che i loro film, nella storia del cinema italiano, non somigliavano a nessuno dei precedenti sono molto pochi. Forse solo Rossellini, Fellini e Pasolini hanno avuto il dono dell'invenzione e della diversità – della «novità». Il caso di Pasolini sta a sé, rispetto a Rossellini e Fellini (il secondo allievo del primo) anche perché egli non è stato solo un regista. Ha scritto romanzi, teatro, poesia; è stato saggista e critico letterario; teorico della letteratura e del cinema; e polemista, studioso combattivo e partecipe della vita di una società, coniugando «passione e ideologia», indignazione e proposta; ma le sue opinioni non avrebbero avuto lo stesso impatto se non fosse stato anche artista, noto alla maggioranza dei suoi connazionali per il tramite del cinema.

Eddie Vedder - Guaranteed (2007)



Da una delle colonne sonora più belle degli ultimi anni. Senza esagerare.

domenica 8 marzo 2009

è nato BHO... BLOG

Dopo anni e anni di gestazione mentale e progettazione
(che certo ancora non si vedono nel risultato finale!)
una settimana fa ho dato alla luce il mio bimbo...
Si chiama Bho...Blog e spero che diventi il mio spazio personale
per far leggere cosa scrivo.
E'possibile che non interessi a nessuno,ma non m'importa
perchè è un primo tentativo di esprimere al mondo che in fondo,in fondo
sono io a decidere se valgo o meno!
Voglio far volare via dalla gabbia le mie parole,i miei racconti...
Non ha più alcun senso che rimangano chiusi in cassetti...
Povere creaturine di carta!

Voi amici lettori siete coloro senza i quali non avrebbe senso scrivere...
Voi ogni giorno cercate di stimolarmi a credere nel mio sogno...
A voi è dedicato il Bho...Blog!

Quindi venite a leggervi quel che vi spetta...
http://manu-bhoblog.blogspot.com/

Bollani imita Battiato

Comunicazione di servizio

Ciao minds,
sapete più o meno tutti che sto scrivendo su un nuovo blog... Sta venendo su abbastanza bene e sono pronta ad avere le vostre critiche ai miei scritti, sempre se vi va :-)

I miei post sono firmati come redazione... Provate a vedere e ditemi che ne pensate: http://www.streetacademy.it/blog.asp

Appunti: pezzi che vorresti aver scritto tu.

“... Mi aggrappai al tavolino, accesi una sigaretta con mani che tremavano. Forse non ero innamorata di te, o non volevo esserlo, forse non ero gelosa di te, o non volevo esserlo, forse m’ero detta un mucchio di verità e menzogne ma una cosa era certa: ti amavo come non avevo mai amato una creatura al mondo, come non avrei mai amato nessuno. Una volta avevo scritto che l’amore non esiste e se esiste è un imbroglio: che significa amare? Significava ciò che ora provavo a immaginarti impietrito, perdio, con lo sguardo di un cane preso a calci perché ha fatto pipì sul tappeto, perdio! Ti amavo, perdio. Ti amavo al punto di non poter sopportare l’idea di ferirti, pur essendo ferita, di tradirti pur essendo tradita, e amandoti amavo i tuoi difetti, le tue colpe, i tuoi errori, le tue bugie, le tue bruttezze, le tue miserie, le tue volgarità, le tue contraddizioni, il tuo corpo con le sue spalle troppo tonde, le sue braccia troppo corte, le sue mani troppo tozze, le sue unghie strappate. [...] E forse il tuo carattere non mi piaceva, né il tuo modo di comportarti, però ti amavo di un amore più forte del desiderio, più cieco della gelosia: a tal punto implacabile, a tal punto inguaribile, che ormai non potevo più concepire la vita senza di te. [...] E l’amore esisteva, non era un imbroglio, era piuttosto una malattia, e di tale malattia potevo elencare tutti i segni, i fenomeni. [...] Gettai via la sigaretta con rabbia. Ma un amore simile non era neanche una malattia, era un cancro! Un cancro. Come un cancro che a poco a poco invade gli organi col suo moltiplicarsi di cellule, il suo plasma vischioso di male, e più cresce più divieni cosciente del fatto che nessuna medicina può arrestarlo, nessun intervento chirurgico può asportarlo, forse sarebbe stato possibile quand’era un granellino di sabbia, un chicco di riso, una voce che grida egò s’agapò, un amplesso mentre il vento fruscia tra i rami d’olivo, ora invece non è possibile perché ti ruba ogni organo, ogni tessuto, ti divora al punto che non sei più te stessa.[...] V’è una caratteristica lugubre negli ammalati di cancro: appena capiscono che esso ha vinto o sta per vincere, cessano di opporgli i farmaci, il bisturi, la volontà e si lasciano uccidere con sottomissione, senza maledirlo, neanche rimproverarlo del martirio che esige. [...] ...così il cancro aveva proseguito il suo corso per dimostrarmi che amare significa soffrire, che l’unico modo per non soffrire è non amare, che nei casi in cui non puoi fare a meno di amare sei destinato a soccombere. In altre parole il mio problema era insolubile, la mia sopravvivenza impossibile, e la fuga non serviva a nulla. A nulla? Alzai la testa. A qualcosa serviva: salvare la mia dignità.”


- O. Fallaci, Un uomo (1979).

All-Time 10 Favourite Directors

#10 - Clint Eastwood



Un film-maker totale, capace di piegare la lezione dei classici del cinema alla sensibilità e alle attese del pubblico contemporaneo. I suoi film più recenti – in assoluto fra le prove migliori – sono capolavori di eleganza, forza emotiva, stile e sobrietà: Mystic River (2003) è una tragedia americana impastata di sangue, rancore e nostalgia per la fine dell'amicizia e la perdita dell'innocenza, mentre con Million Dollar Baby (2005) vince i due Oscar più importanti (miglior film e miglior regia) raccontando la storia di un vecchio allenatore di boxe – interpretato dallo stesso E. – che porta una giovane emarginata fino alla soglia del titolo mondiale e poi – dopo un incidente che la immobilizza in un letto senza più speranze di guarigione – la aiuta dolcemente a morire. Con voce asciutta e sommessa, e con un'economia espressiva che sfiora il sublime, Eastwood conferma con questi due film la sua statura di gigante: in assoluto uno dei più grandi di tutta la storia del cinema.

sabato 7 marzo 2009

The "100 MOVIES I CAN'T LIVE WITHOUT" List

#16 - Incontri ravvicinati del terzo tipo.

Un film di Steven Spielberg. Con François Truffaut, Richard Dreyfuss, Bob Balaban, Melinda Dillon, Teri Garr. Titolo originale: Close Encounters of the Third Kind. Fantascienza, durata 135 min. - USA 1977.



Dopo due contatti (avvistamento, reperimento di tracce) con gli UFO si aspetta il loro arrivo in una zona del Wyoming. Un padre di famiglia, una donna il cui bambino è misteriosamente scomparso e uno scienziato francese stanno all'erta. E l'UFO atterra. La componente tecnica è straordinaria: fotografia di Vilmos Zsigmond (unico premio Oscar su 4 candidature), effetti speciali di Douglas Trumbull, i pupazzi semoventi di Carlo Rambaldi, il più grande set (l'interno di una vecchia aviorimessa per dirigibili) mai usato, la sapiente costruzione drammatica in due tempi affidata alla suspense, tipica del cinema spielberghiano. Ma c'è qualcosa di più: una indubbia carica mitica di timbro junghiano, un discorso sulla pace e l'amicizia con razze extraterrestri. È l'opera di un sognatore per sognatori. Nel 1980 S. Spielberg mise sul mercato un'edizione di 152 minuti con sequenze all'interno dell'astronave. “Se Lo squalo è genericamente un film sul Diavolo e Incontri ravvicinati del terzo tipo è genericamente un film su Dio, E.T. è specificamente un film su Gesù.” (M.W. Bruno)

shawarma/ non buona la prima

care minds,
scusate se riposto quetso racconto, ma l'ho modificato parecchio e vorrei chiedervi dei commenti prima di mettermi a tradurlo in inglese (che è uno sbattimento..)
grazie!
vostro
F


Shawarma di agnelli


Gentile Direttore,

Le scrivo in riferimento alla richiesta di un mutuo per l’apertura di un negozio di kebab nel quartiere di East Dulwich, a Londra.

Come lei sa, East Dulwich è una splendida zona di villette e bistrot alla periferia sud della città, un’oasi di reddito a poche centinaia di metri dai campi di condomini dove spiaggiano gli immigrati di prima generazione.
Come può dedurre dal mio nome, anche io sono tra loro.
In tutta onestà, gentile Direttore, anche soltanto questo potrebbe bastare a convincerla dell’opportunità di accordarmi un prestito: una volta messo piede in Dulwich, niente al mondo potrà farmi tornare indietro. Il suo prestito verrà ripagato e il mio negozio prospererà, fino a che i figli dei miei figli non avranno penetrato fino in fondo le radici del benessere.
Eppure, lo capisco, tutto questo a lei non può bastare. Non mi illudo di poterle spiegare l’anima di un immigrato.

Lei mi chiede un ‘progetto’, una descrizione dei punti di forza della mia idea, del perché e del come il mio negozio riuscirà ad aver successo. Lei mi chiede di tagliare in nero e bianco la forma delle mie ambizioni su questi pochi fogli di carta.
Gentile Direttore, perdoni l’ardire di ciò che sta per leggere, ma io ho onestamente provato a scrivere il ‘progetto’ come lei mi aveva richiesto, e non ci sono riuscito.
Ma del resto, vorrei chiederle, sarà poi davvero un progetto a risplendere sui limpidi marciapiedi di Dulwich? O sarà piuttosto la luce gialla e verde dell’insegna del mio negozio?

E dunque, se permette, la invito ad addentrarsi con me ben dentro la mia visione, ad attraversare i pavimenti sudici di Rye Lane, i cunicoli che si aprono tra le bancarelle di frutta marcia degli Africani, la invito a camminare con me lungo le stradine nei parchi di siringhe che circondano Dulwhich. Mi segua, finchè i condomini dove viviamo noi e i nostri sogni minuscoli scompaiano dietro le siepi potate di fresco e le strade si facciano di colpo pulite. Mi accompagni fino a Dulwich, dove le giovani madri allattano neonati biondi sedute ai tavolini dei caffè. Proprio lì, tra le boutiques di vestiti per bambini e le profumerie ecologiste, potrà vedere splendere il neon dell’insegna del mio negozio di kebab.

Non si disturbi a farmi complimenti di maniera, mi sono già accorto del suo sguardo perplesso. Un negozio di kebab – si sta chiedendo – perché qualcosa del genere dovrebbe avere successo, a Dulwich?

Ancora una volta, perdoni il mio ardire e abbia la bontà di seguirmi nel negozio.
Annusi l’aria densa di odori e guardi pure le mie mani muoversi tra le vaschette traboccanti di condimenti, il forno dove si scalda la pita e il girarrosto lucido di carne. Si metta comodo, apra la giacca e dia un’occhiata intorno, mentre le preparo il migliore kebab che abbia mai assaggiato.
Guardi il mio negozio, è il caleidoscopio intero di quell’oriente spaventoso che la gente sogna nelle vasche da bagno. Un televisore sintonizzato su Al Jazeera, le foto della Mecca appese alle pareti, un ritratto di Khomeini incorniciato, la musica da discoteca marocchina, i baffi da sicari dei camerieri… C’è tutto il brivido del terrorismo trasmesso in tv, la luce soffusa delle lampade in ferro battuto, l’odore delle spezie, i versetti del corano stampati sul bancone. Nel mio negozio ci si può sfamare e riposare, restare fermi sulle sedie a sentire la paura, e poi sciogliersi sulla lingua la tenerezza del calmante, di quella gioia che si può comprare con pochi spiccioli.

Ecco a lei, Direttore, il suo shawarma di agnello è pronto.
Che ne pensa della carne quasi liquida, della la crema che le si spande in bocca? Sente le striature piccanti dei peperoncini e la freschezza dei pomodori, come giocano nelle sue guance?
Vedo già la sua risposta stendersi sugli angoli della bocca, e mi permetta di sorridere insieme a lei. Sì, mio caro direttore, si può fidare: adesso è tutto vero. Non c’è bisogno di sforzi, di illusioni, di coraggio o fede. Questa felicità è pura, e non chiede nulla in cambio.

Le lascio il tempo di finire e di pulirsi la bocca.
E le lascio tre righe di silenzio, per ricordare i sapori.



E ora, mio caro Direttore, dopo aver gustato questa dolce verità, la invito a fidarsi di me ancora una volta. Richiuda la giacca, e mi segua per un attimo fuori dal negozio.
Adesso, la prego, si guardi attorno. Si guardi dentro.
Che cosa vede, adesso?
Come le sembrano, adesso, i sorrisi delle giovani madri e quelli dei loro giovani mariti? Non vede come splendono simili lo smalto delle loro unghie e le carrozzerie delle loro macchine? Per strada, nei convenevoli e nelle risate della gente, riesce a vedere qualcosa di altrettanto vero, di altrettanto gioioso del sapore morbido della carne di kebab? Le signore passeggiano, gli uomini portano borse ventiquattrore, ma lei saprebbe, adesso distinguere le persone dagli alberi, dai muretti a secco, dal paesaggio?

Si appoggi alla mia spalla, Direttore. Davvero non volevo farle del male, ma era necessario per farle capire che cosa io davvero le abbia offerto. Mi perdoni, e torni dentro con me. Prenda posto a un tavolo, si tolga la giacca e accetti le mie scuse insieme a un piatto di felafel croccanti.
Come, non vuole togliersi la giacca? Si vergogna della sua pancia? Non vuole esagerare col cibo?
Non scherzi caro Direttore, davvero io non le credo. Non è stato proprio lei, con la sua banca, che ci ha insegnato quanto sia semplice indebitarsi col proprio futuro?
Si rilassi, adesso, e sia buono con se stesso.
Se lo vorrà, della sua linea si occuperà domani, in palestra ci andrà domani. Ma stasera è davvero troppo buio per mettersi alla prova. Stasera c’è bisogno di calore, di felicità sicura, di cuscini dietro le spalle.

Chiuda gli occhi, Direttore. Fuori dal negozio, non c’è proprio nulla da vedere.
Il ghiaccio degli uffici si sta sciogliendo dentro le metropolitane, risucchiando anche il disordine di tutte le sue mogli, aggrappate all’equilibrio dei tacchi. Le televisioni dicono che oggi cento uomini sono esplosi nei mercati e che, qualunque guerra sia, noi la stiamo perdendo. Non sente il ringhiare dei cani con le code mozzate, l’assottigliarsi delle fondamenta delle case? Non vede il necrologio della sua banca in prima pagina?

Resti sotto le luci tenui del mio negozio, e assaggi questi baklava zuppi di miele e gelsomino. Fuori da qui, nei corridoi dei suoi club esclusivi, nelle feste nei salotti, per lei non c’è nient’altro che l’impotenza degli specchi. E adesso è troppo tardi per accorgersi di non avere più gambe per alzarsi in piedi e scappare altrove.
Resti seduto, Direttore, e assaggi la mia verità, aspettando il giorno in cui tutte le macchine delle periferie prenderanno fuoco e riesumeranno l’alba.

E mi accordi il prestito, Direttore.
Lo consideri un prestito a se stesso. Il mio negozio sarà sempre per lei una tenda da beduini in cui poter dimenticare il deserto. Di me si potrà sempre fidare, della mia verità che si può stringere tra i denti.
Mi conceda il prestito, perché presto saranno in molti a elemosinare l’ultimo bagliore di riposo, e lei sarà tra loro. Mi accetti a braccia aperte, come la sua ultima speranza e il suo tramonto, perché è a causa di tutto ciò in cui ha creduto fin’ora, che adesso deve credere in me.

Mi accetti con un sorriso, abbia fiducia. Ci sarà sempre un posto per lei, nel mi negozio, quando vorrà qualcuno che le rimbocchi le palpebre.


Sinceramente vostro

Khaled Sciurba




Federico Campagna
6 Marzo 2009, London

Beh... se lo dice lui...

Manu paints...


venerdì 6 marzo 2009

giovedì 5 marzo 2009

forse dopotutto c'ha ragione

Cieli neri - Bluvertigo

Per il video cliccate qui

Scegli me fra i tuoi re
un vortice ci avvolgera'
ti prendero', se mi vuoi
danzammo in due, lei se ne ando' ed io ora

ho i ricordi chiusi in te
la tristezza dentro me
tra due mani, le mie

di lacrime, poi si bagno'
il regno che ho chiesto a te, ed ora

ho i ricordi chiusi in te
la tristezza dentro me
tra due mani, le mie
sono i cieli neri che, io so
non si scioglieranno piu'

mercoledì 4 marzo 2009

martedì 3 marzo 2009

The "100 MOVIES I CAN'T LIVE WITHOUT" List

#17 - Lo Squalo

Un film di Steven Spielberg. Con Robert Shaw, Roy Scheider, Richard Dreyfuss, Lorraine Gary, Murray Hamilton. Titolo originale Jaws. Thriller, durata 124 min. - USA 1975



Ad Amity, cittadina balneare del New England, si sparge il terrore per gli attacchi di un pescecane assassino. Un poliziotto (R. Scheider), un ittologo (R. Dreyfuss) e un cacciatore di squali (R. Shaw) si mettono in mare per dargli la caccia. Lo trovano. Meglio: è lui che trova loro. Primo colpo grosso al box office del ventisettenne S. Spielberg: come si spiega il successo? Nella sagace mistura di tensione, divertimento, spettacolo, paura. Facilita, come pochi altri film di spavento, l'identificazione dello spettatore con le vittime. 3 Oscar: John Williams (musica), Verna Fields (montaggio), suono. Ebbe 3 inutili seguiti tra il 1978 e il 1987.

The "100 MOVIES I CAN'T LIVE WITHOUT" List

#18 - La Dolce Vita
Un film di Federico Fellini. Con Anita Ekberg, Magali Noël, Yvonne Fourneaux, Nadia Gray, Anouk Aimée. Drammatico, b/n durata 173 min. - Italia 1960.



Marcello, scrittore mancato che lavora per un giornale scandalistico con la scorta di un paparazzo (fotoreporter), fa incontri ed esperienze nella Roma mondana, cinematografara e intellettuale di via Veneto e dintorni. Viaggio attraverso il disgusto, cinegiornale e affresco di una Roma raccontata come una Babilonia precristiana, affascinante e turpe. Una materia da giornale in rotocalco trasfigurata in epica. Uno spartiacque nel cinema italiano, un film-cerniera nell'itinerario felliniano con la sua costruzione ad affresco, a blocchi narrativi e retrospettivamente un film storico che interpreta con acutezza un momento nella storia d'Italia. Dopo lo scandalo ecclesiastico e politico, un successo mondiale. Lanciò, anche a livello internazionale, il termine “paparazzo”. Palma d'oro a Cannes e Oscar ai costumi di Piero Gherardi. 3 Nastri d'argento 1961 al soggetto originale, M. Mastroianni e P. Gherardi (scene).

Elvis Presley's Last Years - In The Ghetto (1969)



Una delle mie preferite dell'ultimo periodo...

Forgotten Songs: Don McLean - Vincent (1972)

lunedì 2 marzo 2009

Il settimo sigillo..e la partita a scacchi

Shawarma di agnelli

Gentile Direttore,

Le scrivo in riferimento alla richiesta di un mutuo per l’apertura di un negozio di kebab nel quartiere di East Dulwich, a Londra.

East Dulwich, come lei sa, è una splendida zona di villette e bistrot alla periferia sud della città, un’oasi di benessere a poche centinaia di metri dai quartieri di condomini dove spiaggiano gli immigrati di prima generazione.
Come può facilmente dedurre dal mio nome, anche io sono tra loro.
Anche solo questo basterebbe, mio caro Direttore, a convincerla dell’opportunità di accordarmi fiducia: proprio come loro, anche io ho la stessa grande aspirazione a muovermi qualche isolato più in la, oltre i marciapiedi fangosi di Rye Lane, nel sogno dorato di Dulwich. E, una volta messo piede in Dulwich, niente al mondo potrà più farmi tornare indietro.
Ma questo, forse, a lei non può bastare. Non mi illudo di poterle spiegare l’anima di un immigrato.

Allora, caro direttore, la invito a vedere con i suoi occhi quella fotografia delle mie ambizioni che lei, con la sua impeccabile professionalità, si ostina a voler chiamare ‘il progetto’. Mi segua dunque lungo il corso di Rye Lane, attraverso le bancarelle di frutta marcia degli Africani, oltre i parchi di siringhe che circondano Dulwhich, fin dentro le strade fiorite del quartiere, dove le giovani madri portano a spasso i loro neonati biondi.
Proprio lì, tra le boutique di vestiti per bambini e le profumerie ecologiste, può vedere il giallo e il verde dell’insegna luminosa del mio negozio di kebab.

Non si disturbi a farmi complimenti di maniera, mi sono già accorto del suo sguardo perplesso. Un negozio di kebab – si sta chiedendo – perché un negozio di kebab dovrebbe avere successo, a Dulwich?

Quale migliore risposta, mio caro direttore, che invitarla ad assaggiarne uno?
Mi segua dentro il negozio, e guardi pure le mie mani muoversi esperte tra le vaschette traboccanti di condimenti, il forno dove si scalda la pita e il girarrosto lucido di carne.
Soltanto pochi minuti e il kebab sarà pronto per lei, fumante e colorato, promessa di piacere mai mancata.
Senta il gusto soffice della carne sotto i denti, la crema che le si spande in bocca, la soddisfazione di sentirsi invaso dal sapore robusto del cibo. Niente sforzi, niente pensieri, nessun bisogno di illudersi o di porsi domande: questo è il momento del riposo.
Vedo già la sua risposta stendersi sugli angoli della sua bocca. Sì, mio caro direttore, è questa la più vera espressione della felicità.
Ed eccola qui, tutta per lei, disponibile per pochi spiccioli.

E adesso, mio caro direttore, che ha avuto il privilegio di assaporare quest’attimo di gioia reale, la invito a uscire di nuovo con me dal negozio e a guardarsi intorno. A guardarsi dentro.
Che cosa vede adesso, caro amico?
Come le sembrano, adesso, i sorrisi delle giovani madri e quelli dei loro mariti atletici? Non vede come splendono simili lo smalto delle loro unghie e le carrozzerie delle loro macchine? Per strada, nei convenevoli e nelle risate della gente, riesce a vedere qualcosa di altrettanto vero, di altrettanto gioioso del sapore morbido della carne di kebab? Le signore passeggiano, gli uomini portano borse ventiquattrore, ma lei saprebbe, adesso distinguere le persone dagli alberi, dai muretti a secco, dal paesaggio?

Non si preoccupi, direttore, ho già visto l’acqua nel suo sguardo, e le offro la mia spalla. Si appoggi su di me, e torni dentro al negozio.
Non le viene voglia di prendere un altro kebab, di dimenticare tutto e toccare di nuovo il cielo con la punta della lingua?
A volte, mio caro direttore, le domande più difficili possono essere risolte con le risposte più semplici.

E allora torniamo dentro, a sederci ai tavoli del mio negozio.
Come può vedere, i tavolini sono disposti in maniera molto attenta.
Non troppo distanti gli uni dagli altri, perché i miei clienti non siano abbandonati alla solitudine, ma nemmeno troppo vicini tra loro, perché nessuno si dimentichi quanto in realtà siano tutti soli. Gli schienali delle sedie poggiano tutti contro il muro, a fare da barricata contro ogni timore, mentre dall’angolo in alto della parete, un televisore sospeso al soffitto trasmette continuamente Al Jazeera.
E tutt’intorno, le foto della Mecca appese alle pareti, un ritratto di Khomeini, la musica pop marocchina, le facce da sicari algerini dei camerieri, i miei grossi baffi neri a manubrio… Il mio negozio è uno spettacolo, il caleidoscopio intero di quell’oriente spaventoso che la gente sogna nelle vasche da bagno. Nel mio negozio, c’è tutto il brivido esotico del terrorismo trasmesso in tv, la luce soffusa delle lampade in ferro battuto, l’odore penetrante delle spezie, i versetti del corano appesi dietro al bancone. Io vi sfamo e vi intrattengo, vi tengo fermi sulle sedie a sentirvi attraversati dalle emozioni, mentre i piatti carichi di odori si muovono tra i tavoli. Potete togliervi la giacca e sentire la paura, e poi riempirvi la bocca di calmante, di quell’unica verità che si può stringere tra i denti.

Si sieda anche lei, caro direttore, si tolga la giacca e assaggi un altro kebab, o magari un piatto di felafel croccanti.
Come? Non vuole togliersi la giacca? Si vergogna della sua pancia troppo prominente? Non vuole più esagerare col cibo?
Non scherzi caro direttore, io davvero non le credo. Non è stato proprio lei, con la sua banca, che ci ha insegnato quanto sia semplice indebitarsi col proprio futuro?
E allora si rilassi e sia buono con se stesso, mangi un altro manicaretto. Della linea si occuperà domani, in palestra ci andrà domani, ad agire ci penserà domani.
Stasera è troppo buio, la sua banca sta fallendo e Al Jazeera annuncia che gli Stati Uniti stanno perdendo la guerra in Iraq. Stasera c’è bisogno di calore, di felicità sicura, di cuscini morbidi dietro le spalle.

Allora si sieda al tavolino, direttore.
Le servo un piatto di baklava zuppi di miele e un bicchiere di tè al gelsomino.
Si appoggi allo schienale, direttore, e chiuda gli occhi.
Fuori dal negozio, non c’è proprio nulla da vedere.
Le vetrine si stanno riempiendo dei riflessi rosa del tramonto, mentre il ghiaccio degli uffici si scioglie dentro le metropolitane.
Le villette di Dulwich si stagliano nella luce dei lampioni come lo scenario di cartone di una fiaba, a cui il peso dei mutui sta rosicchiando le impalcature.
Suo figlio ha calato il cappuccio sulla testa e sta comprando sacchetti bianchi dagli immigrati di Rye Lane, mentre sua moglie passeggia col cane nei parchi, in equilibrio precario sui tacchi. E dietro i suoi capelli bianchi, direttore, molto poco è rimasto di allegro, dietro le strisce numeriche dei suoi investimenti falliti. Il mondo collassa troppo rapidamente e alle domande dei suoi clienti lei non sa proprio come rispondere.

Chiuda gli occhi, e beva un sorso di tè al gelsomino.
Attorno a lei, tutti i tavolini sono carichi di altri di occhi chiusi.
Chiuda gli occhi, direttore, chiuda gli occhi.

Perché a volte, caro amico, le domande più difficili non possono proprio essere risolte.


Sinceramente vostro

Khaled Sciurba

FROST-NIXON

consiglio assai a chi non l'avesse visto (o nemmeno considerato visto che a milano, appena uscito, già rimane in un solo cinema, il president) un film veramente fico e che non ha nulla a che vedere con una nuova marca di surgelati.
nel 1977, dopo tre anni di silenzio, l'ex presidente Nixon torna all'attenzione del pubblico con una serie di interviste concesse a David Frost (la versione anglosassone di Fabio Fazio). Apparentemente avvantaggiato dalla fama di morbido intrattenitore di Frost, Nixon pensa di poter cancellare una volta per tutte l'onta del Watergate, lo scandalo che nel 1974 gli era costato le dimissioni, ma si trova di fronte un avversario che rischia di portarlo in pessime acque.

il regista é il mitico ron howard. come? non ve lo ricordate?
allora riguardatevi questa!

domenica 1 marzo 2009