lunedì 31 dicembre 2007

IL FINE ULTIMO DI OGNI CONQUISTA /13

(RIASSUNTO DEL) CAPITOLO TREDICESIMO




(da Oaxaca a Tapachula, via costiera: 670 chilometri, 11 ore)


So solo che mi trovavo a un funerale. Un funerale di una persona molto amata, a giudicare dalla quantità e dall'intensità delle lacrime. Di solito non mi lasciavo impressionare dalle sceneggiate e dai commenti tipo: "Pare che dorme!", un classico del repertorio mortuario napoletano. Pero' mi sembrava, quella, un'atmosfera composta e dignitosa. Non riuscivo pero' a capire chi fosse il morto, e cosa ci facessi io lì, vestito con il jeans sdrucito che avevo utilizzato nelle due settimane precedenti, le adidas sporche e impolverate, l'aria dimessa di chi si e' appena svegliato. Non riconobbi nemmeno le facce che mi scrutavano, nascoste com'erano in ombre velenose: chi erano esattamente, cosa potevano farmi? l'insofferenza per quel mistero, per quel gioco che non capivo. Nella mia attesa ansiogena una mano mi ha raggiunto la spalla, mi ha strattonato: "Vergognati", ha gridato. "Avresti dovuto esserci prima!" Molte persone si sono voltate. E un'altra ha aggiunto: "Che ci fai qui? Ma non ti vergogni?" Sì, ma chi è morto? "Avete passato una vita insieme, e adesso nemmeno lo riconosci." Ma nessuno mi ha avvertito, nessuno mi ha detto niente... "Sei contento adesso, eh?" "Non hai giudizio! Non hai giudizio!" Se solo potessi dare un'occhiata al letto... 
    C'erano insomma questi incubi sotto l’aria ghiaccia del condizionatore, che non potevo spegnere in nessuna maniera.  Per di più, al mio fianco sedeva un signore baffuto che aveva iniziato a russare un minuto dopo la partenza, e da allora non aveva più smesso. Io ero infagottato nella mia ridicola giacca di pelle marrone, quella piena di tasche, e sotto avevo pure un felpa con cappuccio che mi aiutava a trattenere calore. Gli altri passeggeri erano venuti già premuniti di sciarpe e cappelli di lana, allora mi chiedevo: a chi diavolo serviva, il condizionatore sparato a dieci gradi? 
    Ho guardato distrattamente dal finestrino e ho subito dimenticato i brutti sogni. Su di me c’era una notte stellata e silenziosissima: la più pura che avessi mai visto, forse perché non era macchiata dalla contemplazione collettiva. D’estate, ti fanno salire sul tetto con una coperta pur di guardare stelle così. Ecco, forse l’ultima volta era stata in Sicilia... 

(continua)

Capitoli precedenti:

Prima Parte:
1 | 2 | 3 | 4 | 5678910 |

Seconda Parte:
1112
 

1 commento:

Federico ha detto...

ciao pablo,
gho letto il pezzo intero sul tuo blog e...mi sono tornate in mente tutte quelle sere' e la mia stanza, e i discorsi..
Sono andato su google e ho digitato "subcomandante marcos" per la prima volta dopo anni.
Ho passato una mezzoretta surfando di qua e di la'.
Poi ho trovato il testo online (tradotto in italiano da cacaucci) del romanzo a puntatae che ha scritto con Paco Ignacio Taibo II (qui: http://archivio.carta.org/rivista/settimanale/2005/11/mortiscomodi.htm).
E una pagina piu' in la', una bella intervista a Paco Ignacio Taibo II, la puoi trovare qui

http://archivio.carta.org/rivista/settimanale/2005/11/11Mangini.htm

dalle un'occhiata.Offre degli spunti interessanti.

Hasta siempre