Fino ad ora mi sono tenuta fuori, per vostro rispetto, dalla discussione, ma ora non ce la faccio più a contenermi e voglio partecipare.
Ho da fare due premesse però: 1 chiedo venia per la lungaggine del post, mi spiace ma l'argomento e complesso... 2 Devo contravvenire alla richiesta di Ema, ma questo intervento va "sul personale".
Andrò sul personale perchè, secondo me (e fortunatamente non solo me), il nodo da risolvere a monte è lì. Vado sul personale anche perchè lo scontro tra pensieri e ideologie lo trovo, da sempre, sterile e pericoloso. Odio riferirmi ad una pluralità non definita (ragazzi compatitemi del resto faccio marketing). Devo sempre sapere a chi parlo e i miei riferimenti sono sempre basati sul mio interlocutore. Odio i noi che sottintendono un voi nascosto, in quanto l'io parlante si sente esonerato in quanto considera già l'interessarsi ad un fenomeno sufficiente (sbaglio che io faccio molto spesso).
Scrivo per giustificare il mio dissenso verso quanto è stato espresso (non nei contenuti ultimi, si intende che sui principi base concordo). Il mio dissenso parte da due constatazioni semplici:
1 non concordo assolutamente con il concetto di Individuo e di Individualità che emerge, o meglio mi è parso emerga (purtroppo conoscendo le vostre idee, conosco i modelli di riferimento a cui si riferiscono: scrittori, filosofi, artisti e quant'altro. Posso sbalgliare, anzi lo spero. PERSONALE), dai precedenti post;
2 sono assolutamente in disaccordo con l'idea di aiuto sociale che viene sotto inteso.
Partiamo dall'individuo.
Quello che viene professato su questo blog, se si supera un attimo il caso specifico a cui viene applicato, è "l'urgenza di liberazione da una società che soddisfa in buona misura (per favore non sindachiamo sulla quantità... ci si riferisce cmq a quello che viene comunemente chiamo "mondo industrializzato") i bisogni materiali e culturali dell'uomo; una società che dispensa beni ad una fascia sempre più ampia di popolazione (la definizione di bene non implica una definizione qualitativa, per semplificare il discorso.)." (Marcuse)
Ciò in soldoni significa che quello che si vuole mettere in atto è una liberazione di una società che non sente il bisogno e soprattutto non vuole essere liberata.
Per dirla in soldoni: le persone desiderose di essere liberate sono poche, quelle che agiscono realmente in tal senso sono ancora meno e soprattutto nessuno sa cosa comporta una liberazione dalla società.
L'unica cosa che potrebbe permettere un passo avanti verso una qualsivoglia liberazione è la verità/realtà, ma è l'unica che non interessa mai. Da quello che ho modo di osservare (specie in quella che è la mia realtà), ciò che maggiormente spinge verso una voglia di rivoluzione, verso l'espletamento di ciò che si sente "un compito doveroso" (e da qui i miei ripetuti riferimenti ad azioni quasi profetiche), è il fatto che a compierlo sei stato tu, che una grossa parte della responsabilità grava sulle tue spalle (in caso di insuccesso) e che buona parte del successo è tua, di conseguenza. Purtroppo è quello che ho visto e fatto spesso ogni volta che ho preso parte in un gruppo.
Io credo che l'unico modo per attuare una pseudo rivoluzione è lavorare sul concetto di individualità e di comunità. Si fa un gran parlare di intelligenza collettiva....
Non è la somma dei fili d'erba a costituire l'essenza di un prato, mi disse su per giù Fede una volta... Vero, il prato (la comunità) non è la somma degli individui che lo compongono, ma c'è un qualcosa in più.
Io, sarò sfigata, ma non ho mai frequentato un gruppo dove quel qualcosa in più fosse davvero evidente. Ho sempre confrontato la mia individualità con altre individualità, la nostra è una società di individui.
Il senso di comunità, la condivisione, l'essenza del prato non si ottiene senza rinunce. Per la forma mentis che ci ha formato (scusatemi ma devo usare il noi... ma giuro ci sono dentro!) siamo più abituati agli scotti della libertà individuale piuttosto che a quelli della libertà sociale (cioè connessa all'appartenenza ad una comunità). L'appartenenza ad una comunità infatti è costosa: fiducia, presenza, disponibilità e giudizio.
Se espandiamo il concetto che ho esposto, significa che dovremmo essere disposti ad accettare ciò che ci viene detto e che dobbiamo muoverci verso un bene comunitario. Non basta ricercare ciò che va bene per noi e sperare che gli altri facciano altrettanto. Dovremmo pensare e agire, non necessariamente in questo ordine, in base ad un bene comune e collettivo. Ma siamo realmente disposti a rinunciare al nostro (non in senso materiale, non sto professando il comunismo) in favore di qualcun altro?
Ma non sto parlando di gesti eclatanti... una continua partenza non fa un arrivo. Nei piccoli gesti di una quotidiana maratona dovremmo poter rispondere, almeno per una volta al giorno, di sì alla domanda: "Oggi ho fatto/evitato di fare qualcosa per far felice una persona a cui voglio bene?"
Il mio 2007 è finito con un senso di insoddisfazione che è continuato nell'inizio del 2008: se non riesco a farmi comprendere da quelli che sono i miei amici, come posso pensare di cambiare persone che neanche conosco?
La nostra libertà e soprattutto il nostro campo d'azione non agisce solamente fuori da noi o dentro di noi. La nostra capacità di incidere un cambiamento dipende essenzialmente dagli strumenti attraverso cui noi interagiamo con il mondo, ma anche da come coloro che ci sono vicino interagiscono con essi. Mantovani afferma "La combinazione di scopi, strumenti e cornici sociali costituisce il contesto del comportamento e definisce in che senso l'attività cognitiva è distribuita nel contesto."
Fin quanto agiamo solamente come pensatori analitici o come osservatori denuncianti non otteniamo nulla. Queste attività devono coincidere con un comportamento coinvolgente e con un'attenzione verso chi ci sta vicino. Del resto discendiamo dalle scimmie, il miglior modo per evolverci, imparare ed essere critici è quello di provare a mettere in pratica un modo di pensare, agire e vedere che professiamo e che osserviamo in chi ammiriamo. Solo applicando davvero un altro modo di vivere possiamo sensibilizzare qualcuno: l'esempio è il miglior metodo di comunicazione persuasiva (si basa sulla nostra tendenza genetica all'imitazione).
Se non siamo capaci di ascoltare, di comprendere e di agire in favore di chi ci è vicino come possiamo pretendere che una generica massa si muova in favore di un'altrettanta generica massa?
Al momento mi sento come se i rapporti che si costituiscono siano come delle terre da esplorare: ci si lascia affascinare, ma non le si discute mai.
Io penso che prima di invocare alle armi (fatemela passare vi prego... è un'iperbole) gli altri, devo iniziare a mettere in discussione la struttura di senso che mi circonda. Se passo da grandi battaglie, in grandi battaglie senza combattere la mia guerriglia quotidiana, posso anche vincere ma sarebbe una vittoria portata dall'alto e quindi destinata a fallire nel lungo periodo.
Lo so il mio discorso ha un'impronta prettamente cristiana... ma pensateci... Il precetto "ama il prossimo tuo come te stesso" a metterlo in pratica davvero sarebbe la soluzione ideale. Io ci sto provando (con scarsissimi risultati), ma vi dirò solo per il fatto di tentarci assiduamente vado a nanna più contenta.
Ora chiudo che devo andare da Marco, non sono riuscita a dire tutto ciò che avrei voluto...
E' solo uno spunto... ATTENTI PUO' ESSERE CHE RITORNI... (risata satanica)
Il potente spettacolo continua e tu puoi contribuire con un verso... non per forza un poema. Basta un piccolo gesto, un piccolo verso....
Il pubblico è privato tanto quanto il privato è pubblico.
P.S. ho messo due video tratti dall'attimo fuggente... ohh che volete un pò di sano trash non ha mai fatto male a nessuno.
A parte gli scherzi il professore è il tipo di individuo che vorrei tanto diventare.
Ho da fare due premesse però: 1 chiedo venia per la lungaggine del post, mi spiace ma l'argomento e complesso... 2 Devo contravvenire alla richiesta di Ema, ma questo intervento va "sul personale".
Andrò sul personale perchè, secondo me (e fortunatamente non solo me), il nodo da risolvere a monte è lì. Vado sul personale anche perchè lo scontro tra pensieri e ideologie lo trovo, da sempre, sterile e pericoloso. Odio riferirmi ad una pluralità non definita (ragazzi compatitemi del resto faccio marketing). Devo sempre sapere a chi parlo e i miei riferimenti sono sempre basati sul mio interlocutore. Odio i noi che sottintendono un voi nascosto, in quanto l'io parlante si sente esonerato in quanto considera già l'interessarsi ad un fenomeno sufficiente (sbaglio che io faccio molto spesso).
Scrivo per giustificare il mio dissenso verso quanto è stato espresso (non nei contenuti ultimi, si intende che sui principi base concordo). Il mio dissenso parte da due constatazioni semplici:
1 non concordo assolutamente con il concetto di Individuo e di Individualità che emerge, o meglio mi è parso emerga (purtroppo conoscendo le vostre idee, conosco i modelli di riferimento a cui si riferiscono: scrittori, filosofi, artisti e quant'altro. Posso sbalgliare, anzi lo spero. PERSONALE), dai precedenti post;
2 sono assolutamente in disaccordo con l'idea di aiuto sociale che viene sotto inteso.
Partiamo dall'individuo.
Quello che viene professato su questo blog, se si supera un attimo il caso specifico a cui viene applicato, è "l'urgenza di liberazione da una società che soddisfa in buona misura (per favore non sindachiamo sulla quantità... ci si riferisce cmq a quello che viene comunemente chiamo "mondo industrializzato") i bisogni materiali e culturali dell'uomo; una società che dispensa beni ad una fascia sempre più ampia di popolazione (la definizione di bene non implica una definizione qualitativa, per semplificare il discorso.)." (Marcuse)
Ciò in soldoni significa che quello che si vuole mettere in atto è una liberazione di una società che non sente il bisogno e soprattutto non vuole essere liberata.
Per dirla in soldoni: le persone desiderose di essere liberate sono poche, quelle che agiscono realmente in tal senso sono ancora meno e soprattutto nessuno sa cosa comporta una liberazione dalla società.
L'unica cosa che potrebbe permettere un passo avanti verso una qualsivoglia liberazione è la verità/realtà, ma è l'unica che non interessa mai. Da quello che ho modo di osservare (specie in quella che è la mia realtà), ciò che maggiormente spinge verso una voglia di rivoluzione, verso l'espletamento di ciò che si sente "un compito doveroso" (e da qui i miei ripetuti riferimenti ad azioni quasi profetiche), è il fatto che a compierlo sei stato tu, che una grossa parte della responsabilità grava sulle tue spalle (in caso di insuccesso) e che buona parte del successo è tua, di conseguenza. Purtroppo è quello che ho visto e fatto spesso ogni volta che ho preso parte in un gruppo.
Io credo che l'unico modo per attuare una pseudo rivoluzione è lavorare sul concetto di individualità e di comunità. Si fa un gran parlare di intelligenza collettiva....
Non è la somma dei fili d'erba a costituire l'essenza di un prato, mi disse su per giù Fede una volta... Vero, il prato (la comunità) non è la somma degli individui che lo compongono, ma c'è un qualcosa in più.
Io, sarò sfigata, ma non ho mai frequentato un gruppo dove quel qualcosa in più fosse davvero evidente. Ho sempre confrontato la mia individualità con altre individualità, la nostra è una società di individui.
Il senso di comunità, la condivisione, l'essenza del prato non si ottiene senza rinunce. Per la forma mentis che ci ha formato (scusatemi ma devo usare il noi... ma giuro ci sono dentro!) siamo più abituati agli scotti della libertà individuale piuttosto che a quelli della libertà sociale (cioè connessa all'appartenenza ad una comunità). L'appartenenza ad una comunità infatti è costosa: fiducia, presenza, disponibilità e giudizio.
Se espandiamo il concetto che ho esposto, significa che dovremmo essere disposti ad accettare ciò che ci viene detto e che dobbiamo muoverci verso un bene comunitario. Non basta ricercare ciò che va bene per noi e sperare che gli altri facciano altrettanto. Dovremmo pensare e agire, non necessariamente in questo ordine, in base ad un bene comune e collettivo. Ma siamo realmente disposti a rinunciare al nostro (non in senso materiale, non sto professando il comunismo) in favore di qualcun altro?
Ma non sto parlando di gesti eclatanti... una continua partenza non fa un arrivo. Nei piccoli gesti di una quotidiana maratona dovremmo poter rispondere, almeno per una volta al giorno, di sì alla domanda: "Oggi ho fatto/evitato di fare qualcosa per far felice una persona a cui voglio bene?"
Il mio 2007 è finito con un senso di insoddisfazione che è continuato nell'inizio del 2008: se non riesco a farmi comprendere da quelli che sono i miei amici, come posso pensare di cambiare persone che neanche conosco?
La nostra libertà e soprattutto il nostro campo d'azione non agisce solamente fuori da noi o dentro di noi. La nostra capacità di incidere un cambiamento dipende essenzialmente dagli strumenti attraverso cui noi interagiamo con il mondo, ma anche da come coloro che ci sono vicino interagiscono con essi. Mantovani afferma "La combinazione di scopi, strumenti e cornici sociali costituisce il contesto del comportamento e definisce in che senso l'attività cognitiva è distribuita nel contesto."
Fin quanto agiamo solamente come pensatori analitici o come osservatori denuncianti non otteniamo nulla. Queste attività devono coincidere con un comportamento coinvolgente e con un'attenzione verso chi ci sta vicino. Del resto discendiamo dalle scimmie, il miglior modo per evolverci, imparare ed essere critici è quello di provare a mettere in pratica un modo di pensare, agire e vedere che professiamo e che osserviamo in chi ammiriamo. Solo applicando davvero un altro modo di vivere possiamo sensibilizzare qualcuno: l'esempio è il miglior metodo di comunicazione persuasiva (si basa sulla nostra tendenza genetica all'imitazione).
Se non siamo capaci di ascoltare, di comprendere e di agire in favore di chi ci è vicino come possiamo pretendere che una generica massa si muova in favore di un'altrettanta generica massa?
Al momento mi sento come se i rapporti che si costituiscono siano come delle terre da esplorare: ci si lascia affascinare, ma non le si discute mai.
Io penso che prima di invocare alle armi (fatemela passare vi prego... è un'iperbole) gli altri, devo iniziare a mettere in discussione la struttura di senso che mi circonda. Se passo da grandi battaglie, in grandi battaglie senza combattere la mia guerriglia quotidiana, posso anche vincere ma sarebbe una vittoria portata dall'alto e quindi destinata a fallire nel lungo periodo.
Lo so il mio discorso ha un'impronta prettamente cristiana... ma pensateci... Il precetto "ama il prossimo tuo come te stesso" a metterlo in pratica davvero sarebbe la soluzione ideale. Io ci sto provando (con scarsissimi risultati), ma vi dirò solo per il fatto di tentarci assiduamente vado a nanna più contenta.
Ora chiudo che devo andare da Marco, non sono riuscita a dire tutto ciò che avrei voluto...
E' solo uno spunto... ATTENTI PUO' ESSERE CHE RITORNI... (risata satanica)
Il potente spettacolo continua e tu puoi contribuire con un verso... non per forza un poema. Basta un piccolo gesto, un piccolo verso....
Il pubblico è privato tanto quanto il privato è pubblico.
P.S. ho messo due video tratti dall'attimo fuggente... ohh che volete un pò di sano trash non ha mai fatto male a nessuno.
A parte gli scherzi il professore è il tipo di individuo che vorrei tanto diventare.
7 commenti:
capitana mia capitana
devo dire che è tutta la mattina che lo leggo ed ho ancora qualche problema di comprensione...ci sono un po' troppe parentesi aperte e chiuse... dammi ancora qualche giorno. Comunque massimo rispetto sorella!! pace e amore a tutti
ah, franzina, una nota tra parentesi.
alcune delle cose che dici sono esattamente le idee che mi hai sempre contestato.
: )
ma alla fine mi hai dato ragione.
oh.....per una volta questa frase posso dirla io!!
No fidius... non è vero.. leggi meglio...
Ci sono tre visioni del mondo che si sono confrontate, in questi giorni: quella di Dario, quella di fede, la mia.
E' vero, ho trovato anche io un po' ostico il pezzo, e non è stato facile venirne a capo. Ma mi avrebbe fatto piacere leggere un commento un po' più specifico su quello che abbiamo detto. Sui contenuti delle nostre opinioni.
Sembra, e nn lo dico solo parlando di ciò che scrive la fra, che la discussione debba quasi essere sempre fine a sè stessa, che non si possa mai parlare del "cosa" rimanendo sempre fissi sul "come"..
Parlando dunque di contenuti, fra, mi sembra un po' limitante, ma non certo sbagliata, l'idea di soddisfazione legata alle piccole cose quotidiane: "ho fatto sorridere una persona, dunque mi sento meglio perche' il mio piccolo passo l'ho compiuto".
Ecco, capisco benissimo questo modo di affrontare le cose. E' il mio modo, in un certo senso. Imparare a guardarsi intorno nel proprio orticello, prima di fantasticare su altri fantastici mondi.
Però stiamo attenti a non limitare a quell'orticello la nostra felicità, le nostre ambizioni..il nostro orizzonte.
Siamo ancora in grado, a 24 anni, di guardare lontano?
da quello che avuto modo di vedere io ... no. Da quello che vedo io non siamo stati capaci di vedere a un palmo dal nostro naso. Ecco perchè ho scritto e ho scritto in risposta a ciò che avete detto su questo blog. Non credo che in questo caso specifico tu sia stato in grado di vedere quello che ti sta vicino, io ho risposto con un punto di vista diverso ma ho parlato degli stessi argomenti anche se non ho citato le parole spazzatura e Napoli. Ti pregherei di non lanciare giudizi su ciò che non riesci a capire fino in fondo, magari chiedi prima se è ostico. Io ho problematizzato le questioni che erano alla base di ciò che è stato detto, non sui come o cosa andrebbe fatto. Ho semplicemente detto che le tre versioni erano diverse perchè partivano da concezioni ideali leggermente diverse sulle definizioni fondamentali del discorso. Quello che volevo far trasparire era solo che prima dovreste definire le cose principali. La rivolta contro non funziona, bisogna agire per costruire e quindi, solitamente, si parte dalle fondamenta.
Un beso.
Ah... e per fondamenta indendo le persone... non funziona la frase "FATTA L'ITALIA, FACCIAMO GLI ITALIANI".
Per me dovrebbe essere il contrario.
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