mercoledì 30 gennaio 2008

Blu Notte - Il Mostro di Poggibonsi

La domenica è il giorno in cui, tra le poche cose che si ha voglia di fare, si ascoltano canzoni dimenticate nell'hard disk, si guardano trasmissioni a orari improponibili, o film d'essay scaricati abusivamente. Io vi propongo di condividere con me una delle delizie domenicali: guardare vecchie puntate di Blu Notte. Questa è una delle più incredibili, a mio avviso:



"La storia che stiamo per raccontarvi è una storia terribile. Fatta di orrori, scoperte macabre, indagini, sospetti, atroci verità. La storia che stiamo per raccontarvi può sembrare un romanzo, ma non lo è. La storia che stiamo per raccontarvi è quella del mostro di Poggibonsi".


"E’ ormai diventato quasi un luogo comune: di mostruoso a Poggibonsi, dal 1968 ad oggi, non ci sono stati solo i delitti del mostro (o dei mostri come ha fin qui stabilito la giustizia). Se possibile ancora più mostruoso è stato il modo in cui sono state condotte le inchieste sugli otto duplici omicidi che si sono succeduti in un arco di tempo compreso tra il 1968 e il 1985. Con il risultato che ancora oggi è difficile trovare qualcuno in Italia che creda davvero che il caso del mostro di Poggibonsi sia un caso risolto."



Salvatore Lo Ciacio nel 1990: era lui il mostro?



"I reati del mostro di Poggibonsi si sono sviluppati nell'arco di almeno un decennio (se si eccettua il delitto del 1968, già giudicato e non incluso dalla condanna a carico di Salvatore Lo Ciacio, cabarettista e pianista di piano bar, unico indagato nella vicenda), e hanno riguardato quasi sempre giovani coppie appartatesi nella campagna fiorentina in cerca di intimità."


Dal documentario "Poggibonsi sinonimo di morte", messo in onda il 9-4-1981 dalla RAI.

"Le costanti della vicenda non sono però limitate alla tipologia delle vittime, ma si estendono ai mezzi usati e al modus operandi dell'omicida; i delitti sono avvenuti nelle medesime circostanze, in luoghi appartati e nelle notti di novilunio, o comunque con cielo coperto, quasi sempre d'estate. È sempre stata usata la stessa arma: una pistola Beretta serie 70, calibro 22 Long Rifle. In quattro degli otto duplici delitti, l'assassino ha asportato parti anatomiche dai cadaveri delle donne uccise. I luoghi dei delitti (Vicchio, Calenzano, Scopeti, ecc.) erano per lo più stradine sterrate nascoste, adatte a garantire intimità alle coppie di amanti. Ciò ha portato a pensare che l'assassino fosse una persona esperta dei luoghi e ad ipotizzare che seguisse le sue vittime a distanza."



La locandina di "Sasà l'assassino" (P. Moss, 2003)


"[...] Natalino Mele si risveglia al primo colpo esploso, ma non sarà mai in grado di asserire con certezza di aver visto chi aveva in mano la pistola. Qualcuno lo caricherà in spalle subito dopo il delitto e lo condurrà attraverso la campagna, cantandogli La tramontana, una canzone molto di moda quell'estate (1968, ndA), fino a lasciarlo in Via Vingone, a due chilometri di distanza, davanti ad un casolare nel comune di Campi Bisenzio . Il padrone di casa viene svegliato attorno alle due di notte dal bambino che gli dirà: "Aprimi la porta che ho sonno e ho il babbo malato a letto. Dopo mi accompagni a casa, perché c'è la mì mamma e lo zio che sono morti in macchina."

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