Oggi ho iniziato a leggere un nuovo libro, si chiama "Pene d'amore" ed è una raccolta di sette racconti erotici a cura di Gianni Biondillo. L'ho comprato sia perchè appartiene alla Guanda edizioni (casa editrice che a me piace molto), sia perchè tra gli autori ritroviamo il mio amato/odiato Morozzi (di cui ho già scritto...) e il mitico Tiziano Scarpa.
Il libro si apre con un'acuta riflessione di Gianni Biondillo con cui non si può far altro che concordare:
"Da circa quindici anni a questa parte - se vogliamo un inizio, direi dal 1993, dalla pubblicazione, proprio da parte di questa casa editrice, di "Il macellaio" di Alina Reyes - la letteratura erotica sembra sia un appannaggio unicamente femminile. Certo anche prima non mancavano le scrittrici erotiche, ma quello che nel tempo sembra sia venuto a mancare è una controparte maschile. Gli uomini pare non scrivano più di eros. Non solo. Conosco autori "laureati" - cioè scrittori vincitori di premi letterari prestigiosi - che preferiscono, nel caso, pubblicare i loro romanzi erotici sotto uno pseudonimo femminile.
Sembra quasi che la letteratura erotica contemporanea debba essere naturalmente declinata al femminile. Perchè?
Tutto questo, d'istinto, mi sembra quasi il risultato perverso di quello che in origine, dai tardi anni Settanta, era un effettivo percorso di liberazione, sorto dalla presa di coscienza che il "privato" fosse necessariamente "politico". La comprensione del valore del privato, l'interpretazionein chiave positiva del personale come percorso di autocoscienza doveva coinvolgere l'individuo, nella sua totalità, indifferentemente dal genere sessuale. Ed è indiscutibile che queste istanze siano sorte nell'alveo del movimento femminista, come uno dei più avanzati del pensiero critico di quel periodo.
Questa eredità purtroppo, negli anni a seguire, è venuta dissipandosi sino a divenire una parodia, una vera e propria banalizzazione del concetto di emancipazione del corpo femminile. Questa falsa liberazione, oggi, implica, in buona sostanza, la continua e quasi esasperata esposizione del corpo agli sguardi altrui. Cioè maschili.
Per questo motivo quella che al suo sorgere sembrava - anzi era! - una letteratura di emancipazione, oggi appare come un genere fin troppo codificato, prevedibile, ghettizzato, prigioniero di stereotipi: la casalinga inquieta, o l'adolescente ribelle, che, per liberarsi dai lacci di una cultura piccolo borghese, in una successione sempre più perversa di prove sessuali, scopre (in tutti i sensi) il suo corpo, usando il suo potenziale erotico come un'arma di autorealizzazione. Più la prova è estrema, più cala nel girone delle perversioni sessuali, e più si purifica, più sublima. Dopo le peggio porcherie, alla fine del percorso iniziatico, in ogni caso, alla fine, l'amore - statene certi - l'amore spirituale e, in fondo, piccolo borghese, trionfa. Quella che fu una puttana sacra, torna nell'altro ruolo consentito femminile di custode del focolare. Non credo sia un caso che, nelle librerie che frequento d'abitudine a Milano, lo scaffale di letteratura erotica è spesso affiancato a quello di letteratura rosa, senza soluzione di continuità. Sembra quasi ci sia stato un travaso naturale di temi e di visioni del mondo. La lettrice, scorrendo le pagine, si identifica con l'io narrante, trasgredisce con lei, ma poi torna, pacificata, nel chiuso delle sue certezze domestiche. In pratica buona parte di questa letteratura finge di liberare la donna, ma quello che fa è solo liberarla da vecchi rituali sessuali, per rinnovarla, aggiornarla, ad uso e consumo del godimento maschile. Le ragazze di questi libri sembrano le protagoniste, ma sono solo al servizio dell'uomo, che appare anonimo, senza volto, ma che è davvero l'occultato centro narrativo. La vera eminenza grigia.
L'immaginario pornografico ne è una controprova pop. Basta fare una ricognizione nei vari portali internet di video porno per riconoscere tipologie ossessivamente ricorrenti. Perchè, per quanto sia vero che il narrativo è stato ormai estromesso dall'immaginario porno (fino a dieci, quindici anni fa, nella cinematografia pornografica resisteva un residuo di trama, di impossibile verosimiglianza al reale. Oggi non è più così. Ormai siamo alla continua, ossessiva, descrizione meccanica, avvalorata da tecnologie miniaturizzate alla portata di tutti, dell'atto sessuale) è altrettanto vero che il linguaggio video comporta, per il semplice fatto di mettere in scena dei corpi, una narrazione di carattere di carattere iconografico assolutamente decrittabile.
La rappresentazione nunericamente più ricorrente è senza ombra di dubbio la fellatio. Ed è, per inciso, uno dei temi più sviscerati della letteratura erotica femminile. La competenza nel trastullare l'organo genitale maschile sembra un passaggio obbligato, doveroso, nel percorso di autorealizzazione femminile. Nel video la posizione inginocchiata, di devota sudditanza al totem fallico, enfatizza il volto della donna, che spessissimo o guarda adorante verso l'alto, verso l'uomo che non ha volto (chè nei porno il maschio è acefalo, qualunque sia la posizione rappresentata) oppure guarda, complice, direttamente in camera, verso il fruitore anonimo del filmato. Così è come nei romanzi erotici, insomma. Che al'apparenza parlano di donne ad altre donne, ma che in realtà hanno nel pubblico maschile il target di riferimento.
Nel video porno il centro della narrazione visiva è sempre il corpo della donna. Scoperto, nudo, spesso umiliato (non sono rari i gesti di violenza, anche se parodizzati), appare come protagonista assoluto, esposto fin nei più intimi recessi, si dà fino allo stremo, allo sfinimento. Mima competenza, dedizione ginnica, affetto, soprattutto si rappresenta come devoto strumento di godimento virile. I video terminano, inevitabilmente, sempre e comunque con l'orgasmo maschile. Nulla accade dopo, del godimento femminile non è dato sapere, se non rari casi in cui è macroscopico, mostruoso, freak.
Il maschio acefalo erutta quasi sempre in modo spettacolare, enfatizza l'orgasmo, il più sovente possibile sul volto femminile, che accetta lo sperma come stesse attendendo un'ostia, un nettare sublime, un cibo sacro. Ma questo è negli occhi di lei, chè lui mantiene la sua indifferente posizione dominante, anaffettiva, divina".
martedì 15 luglio 2008
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