Un'abbondante e autorevole letteratura, prodotta sopratutto dai critici della cultura di massa della Scuola di Francoforte e anticipata nell'opera di Max Weber, vede il mondo moderno svilupparsi come una gabbia d'acciaio, e ha previsto che lo sviluppo dell'immaginazione sarebbe stato arrestato dalle forze del consumismo, del capitalismo industriale e dalle forme di controllo generalizzato e di secolarizzazione del mondo. I teorici della modernizzazione degli ultimi decenni (...)hanno in gran parte condiviso l'idea del mondo moderno come di uno spazio dotato di una sempre più ridotta religiosità, di minor gioco e di spontaneità inibita a tutti i livelli.
L'errore (...) si basa su un prematuro cordoglio per la morte della religione e della vittoria della scienza. Ci sono segnali evidenti nelle nuove multiformi devozioni che la religione non solo non è morta, ma può essere più efficace che mai nelle odierne politiche globali fortemente mobili e interconnesse. (...) è sbagliato supporre che i media elettronici siano l'oppio dei popoli. Questa idea, che solo ora comincia ad essere modificata, si basa sulla convinzione che le forme meccaniche di riproduzione artistica abbiano represso la gente comune soprattutto ai fini dell'attività industriale, ma si tratta di un'idea troppo semplice.
Terroristi che prendono come modelli figure alla Rambo (...); casalinghe che leggono romanzi rosa e guardano le soap-opera come parte del tentativo di costruirsi le loro vite; famiglie musulmane che si radunao ad ascoltare i sermoni dei leader islamici su cassetta (...).
(...) Magliette, cartelloni pubblicitari, graffiti, ma anche la musica rap, la street dance e le baraccopoli indicano tutti che le immagini dei media sono rapidamente assimilate entro repertori locali fatti di ironia, rabbia, umorismo e resistenza.
(..) La fantasia può portare all'indifferenza (perché la sua logica è spesso autoreferenziale), ma l'immaginazione, soprattutto quand'è collettiva, può diventare impulso per l'azione. E' l'immaginazione, nelle sue forme collettive, che crea le idee di vicinato e di nazione, di economie morali e di regole ingiuste, di salari più elevati e di prospettive lavorative all'estero. L'immaginazione è oggi una palestra per l'azione, non solo per la fuga.
- Arjun Appadurai, Modernità in polvere, 2001.
3 commenti:
bel pezzo, ricco...
non completamente attento, però, secondo me, ad alcuni elementi essenziali, alla base del problema di tutte le creazioni collettive. O, addirittura, alla base di qualunque creazione.
Sto parlando naturalmente di quello che viene prima del collettivo, prima della produzione, dell'idea, della resistenza, dell'immaginazione: la persona.
Dire che l'immaginazione (o la cultura, o la religione, o "l'azione"...) possano essere ambiti di sviluppo è, secondo me, bruciare le tappe. Innanzitutto, bisogna interrogarsi su che tipo di persona faccia uso di questi strumenti e per quale fine.
L'immaginazione collettiva...
ma che tipo di persone costituisce questo collettivo?
hanno davvero,queste persone, un vero controllo su se stesse, una vera libertà (o disciplina) interiore, una qualche reale capacità di osservare le cose per quello che sono (invece di filtrarle con categorie culturali/ideologiche/di pregiudizio)...??
Io ritengo, che qualunque discorso sull'azione (collettiva o individuale), sulla "produzione" (culturale, ideologica...), sull'immaginazione come forma di resistenza (a cosa? e in favore di osa, tra l'altro?) rischi di essere prematuro...
E' la mano del pittore che fa il dipinto, la sua disciplina, la sua capacità di vedere, il suo controllo su se stessa e la sua attenzione...e, prima di tutto, una vera vsione di sè stessa...
Finchè i singoli non avranno ALMENO queste qualità, i collettivi che essi formeranno non potranno che essere delle armate brancaleone, così come le loro produzioni )intellettuali e non) non potranno che essere pasticcione, insensate e irreali.
Prima dell'immaginazione, la realtà. Almeno la realtà su noi stessi. Ancora così distante da noi...
o anche, per dirla con battiato "l'evoluzione sociale non serve al popolo, se non è preceduta da un'evoluzione di pensiero" e, come dice Gurdjieff, non esiste alcuna vera evoluzione se si prescinde dall'evoluzione personale degli individui.
"Le barricate in piazza le fai per conto della borghesia, che crea falsi miti di progresso" diceva ancora il caro franco, in gioventù
Io credo di poterti dare ragione, ma penso anche che il punto focale sia un'altro: qui non si parla di QUALITA' dell'azione - bensì appunto dell'armata brancaleone che nasce (anche) dall'apporto dell'immaginazione sul colletivo.
Non si fa menzione di cultura individuale, ma collettiva: e come tale è fatta di marasma, indisciplina, filtri ideologici. Tutto vero, ed è appunto il discorso iniziale: ha la tecnica, la scienza, impattato su queste credenze, o le ha solo "ibridate"?
Continua Appadurai:
"immagine, immaginato, immaginario: si tratta in tutti i casi di termini che ci dirigono verso qualcosa di criticamente originale nei processi culturali globali: l'immaginazione come pratica sociale. Non più pura fantasia (...), non più via di fuga (...), non più passatempo per le elites (...)e non più pura contemplazione, l'immaginazione è diventata un campo organizzato di pratiche sociali, una forma di opera (nel duplice senso di lavoro fisico e di pratica culturale organizzata), e una forma di negoziazione tra gli individui e i campi globalmente definiti "di possibilità"."
Dunque l'immaginazione, secondo Appadurai, è oggi essenziale per tutte le forme di azione (lui traduce dal termine "agency"), ed è in sé un fatto sociale, un elemento del nuovo ordine globale.
Ovviamente tutto questo comprende altre questioni, come l'omogeneizzazione, i pregiudizi, le "prigioni politiche" create (e questa storia è una figata: meriterebbe un discorso a parte!) dall'immaginazione degli "altri"...
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