lunedì 19 ottobre 2009

Alberto Savinio - Il signor Dido

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Chi mi conosce da un po' di tempo sa della mia passione sfrenata per Alberto Savinio, fratello del più noto per le masse De Chirico. Savinio è un personaggio meraviglioso, interessante tanto per la sua arte, quanto per la sua vita. E' un intellettuale borghese del Novecento e non ha mai rifiutato o fatto mistero della sua natura. Essere un borghese per un artista, specie durante il periodo delle avanguardie, è un po' come essere un pubblicitario oggi per il mondo intellettuale.

Il signor Dido racconta gli ultimi anni di vita di Savinio, l'ultimo racconto è stato scritto il 2 maggio, 4 giorni prima della sua morte. Il mondo raccontato nel libro è intimo, racchiuso tra le 4 mura di una casa. La vecchiaia e la maturità sono le protagoniste, lenti che permettono di focalizzare le proprie debolezze e i propri limiti, inaccettati e inaccettabili durante la gioventù.
Trovo geniale il suo modo di approcciarsi a questa realtà dove la Musa è il cognome di un bravissimo dattilografo, e dove lo spazio interiore corrisponde alla mancanza di privacy dovuta ad una famiglia.

Vi posto un bellissimo brano tratto dal racconto "Musa":

"Chi pensava più alla Musa?
Io, con la Musa, dovrei stare in relazione. Anche se non telefonica. Anzi con più Muse. E magari con tutte. Meno, forse, Urania. E invece...

Una volta, il poeta riceveva la facoltà di poetare direttamente dalla Musa, e perciò non iniziava poesia se prima non invocava la Musa. E abbiamo il 'Menin àide Theà', abbiamo l' 'Andra moi ennepe Mousa, abbiamo il 'Tu spira al petto mio celesti ardori'. Lo stesso Dante, in una parte del suo poema, invoca le dispensatrici di furore poetico, benchè, in un'altra parte, chiami false e bugiarde le divinità alle quali queste dispensatrici appartengono. Ma ora, silenzio.

Effetto, anche questo, dello spostamento delle fonti di poesia. Una volta il poeta pensava lontanissime da sé queste fonti, e idealmente percorreva spazi grandissimi, per abbreviarsi a esse. Ora, e precisamente da Baudelaire in poi, il poeta sa che da fuori non gli verrà niente, e che non può sperare se non da quello che tirerà dal fondo di se stesso.

L'avvenuto spostamento delle fonti di poesia è molto meno noto di quanto si crede. Molti, per abitudine, credono ancora nell'ispirazione. Un giovane medico, intelligente, colto e dedito per di più agli studi di metapsichica, mi domandò pochi giorni addietro se c'è somiglianza tra come io mi sento nel momento in sto per iniziare un lavoro letterario, e lo stato di trance.

Può darsi che altre volte, l'ispirazione scaldasse come un raggio di sole il poeta. Quando il poeta aveva fondate ragioni di credere nell'effettiva esistenza di questo raggio scaldatore. Ma ora...
Ora ad aspettare il raggio, si perde tempo.

C'è stato nel mondo un profondo mutamento: anche nei centri di rifornimento del poetico furore.

Non dimenticate il cambiamento"


In realtà lo scritto non si riferisce solo alla poesia, ma a tutto un modo di vivere la realtà e i sentimenti. Se allargate la sfera di discussione alle idee, gli amori e la famiglia, capirete il senso di questa profondissima riflessione. Scritto assolutamente contemporaneo, anche se dadato 1950.

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