sabato 3 ottobre 2009

S come Sporcarsi.



E' inquietante la categoria degli "addetti ai lavori", ormai diffusissimi in ogni luogo e in ogni fascia d'età, che nell'attività pubblica (e sociale) dell'individuo badano solo alla forma, al "limare le parole", all'attrattiva che la "superficie" esercita su di loro; la categoria umana, ahimé, di chi non ha più nulla per cui valga la pena di lottare; di chi vive nel privilegio di una vita disillusa e protetta. E nell’attività politica, civile, di chi si impegna e si "sporca le mani" vede solo manovre furbe per avere successo.

Il fatto è che il gesto di sporcarsi le mani sarebbe la smentita non solo di una certa concezione di vivere civile, ma di un'intera concenzione della propria esistenza. Costoro sono dei "professionisti" (letterati, curatori, designer, insegnanti, etc.), degli "esperti", "specializzati" in qualcosa insomma, che è cosa ben diversa dall'essere un intellettuale. Nel senso pasoliniano del termine. Concepiscono la vita civile solo come settorialità specifica e separata.

Invece occorrerebbe, mai come ora, la figura dell'intellettuale anti-postmodernista, che fa un discorso sul mondo, sempre. Figlio della necessità, della nuova situazione storica che lo ha spinto alla marginalità e alla "resistenza". Facile essere "specializzato" ed "esperto" di qualcosa nelle capitali imperiali del mondo, come impeccabili macchiette animali dello zoo, come gli orsi bianchi di Berlino: ma quello che manca è un intellettuale delle periferie.

I postmodernisti dicono che la realtà non esiste più e che si vive nella post-realtà: scambiano un effetto ideologico, la derealizzazione, con la scomparsa della realtà. Si raccontano una loro storia vittimistica e autoconsolatoria. Trasformano la vicenda di una generazione di abitanti privilegiati dell’Occidente in ideologia e in visione del mondo complessiva. Non importa se accanto a loro ci sono i migranti che attraversano il Mediterraneo o le famiglie travolte dalla crisi economica. Loro appartengono alla razza di chi non conosce il trauma. Non possono che detestare gli "impegnati", i retorici, gli "ossessionati", che il trauma glielo sbattono in faccia. Del resto si sono formati in anni di ilare nichilismo televisivo. L'antidoto al post-modernismo è venuto dopo: con la generazione dei precari, dei giovani disperati senza futuro asfissiati dalle mafie d'ogni genere e luogo, che hanno molto in comune con i marginali e i migranti appena giunti nel nostro Paese.

Come possono capirlo quanti si barricano dietro la protesta politica ridotta a battute di spirito (fatte circolare, ora, via internet), la chiusura in piccole cricche, il formalismo, la torre d’avorio di una presunta purezza che eviterebbe qualsiasi contaminazione con la mediocritas del mondo?

I postmodernisti, gli "addetti ai lavori", oggi sono dei provinciali.

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