Dopo l’offesa, c’è il giudizio. Chi sceglie la rivolta si arroga anche il diritto di giudicare. Sono profondamente convinto che abbiano ragione il Vangelo e Tolstoj quando insegnano a non giudicare: “Chi è senza peccato…". Ma in un contesto come quello di oggi, se vai a vedere quello che combinano le multinazionali, se leggi un giornale, se commenti un atto di terrorismo, se guardi cosa comportano le scelte dei leader che stanno sulla-tua-testa, se insomma esprimi pubblicamente il lavorio del tuo intelletto e il risultato delle tue riflessioni, come fai a non giudicare? Devi giudicare. È fondamentale giudicare. Più difficile è, piuttosto, non cadere nella megalomania, nel narcisismo, nell’ambizione, nella vanità. E cercare di ricondurre sempre il giudizio nel solco di una fondamentale comprensione. O, meglio, di una pietà nei confronti del tuo prossimo, anche del peggiore.
giovedì 24 dicembre 2009
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