Mi ha molto colpito il post di Paolo sull'indignazione. Io sinceramente non l'ho mai provata. Di solito di fronte ad accadimenti forti provo rabbia, stupore, impotenza, ma mai indignazione.
Io non sono assoluta come Paolo nel condannarla, il problema è che per indignarsi bisogna essere degni, avere una dignità. Io non ce l'ho, come credo molti di noi. Non ci sentiamo degni di qualcosa, o per lo meno capita molto raramente.
Quello che osservo nella mia piccola realtà è che la parola dignità è scomparsa, non diciamo più come cantava il bel Gianni "non son degno di te", ma "non ti merito".
Merito e dignità sono due concetti nettamente distinti, che ora, a causa o grazie, all'etica capitalistica sono assolutamente sovrapponibili. Mi chiedo ha ancora un senso parlare di dignità in una realtà, dove anche noi, spingiamo per la meritocrazia?
Pensandoci guardate questo e ditemi se vi sentite indignati o incazzati:
martedì 5 gennaio 2010
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1 commento:
Innanzitutto auguri, in ritardo, a tutti. Beh, non sono così sicuro di aver condannato in modo assoluto l'indignazione..E' vero quello che dici, che ormai il meccanismo spietatamente meritocratico (ma è sempre così) della società occidentale ci ha reso talmente fragili e insicuri che oscilliamo sempre, e pericolosamente, tra la paura del giudizio e il superomismo. Quello di cui io parlavo, tra l'altro, è l'indignazione che fa da scudo per le responsabilità individuali, che funge da paravento per le irresponsabilità ideologiche. Formulare un giudizio dopo essersi indignati non è sbagliato: è sbagliato farlo senza confronto..p.
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