mercoledì 11 giugno 2008

Qualche racconto in cerca d'autore. /1

Come al solito rovistando nel proprio hard-disk si trovano i documenti più impensabili. Questo, ad esempio, è stato scritto più di due anni fa, in un periodo non propriamente esaltante della mia vita, e per parecchi minuti sono rimasto muto, a rileggermelo come se fosse un antica pergamena ercolanense...
Ve lo ripropongo in forma frammentata, estraendone qualche appunto:

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Titolo: EXHIBIT (o ENTERTAINMENT?)

Intro: X e Y (Paolo e Federico?) vogliono organizzare una mostra sulla morte del post-moderno. Nell'organizzarla raccolgono i materiali più vari, incontrano persone, si interrogano sulla realtà e su loro stessi. E' un racconto di quella mostra, il suo catalogo, ma anche il racconto di come essa si è fusa con le vite dei suoi curatori, esponendo in'ultima istanza la loro vita -la loro morte?- agli occhi degli spettatori. (Proposta di federico: eliminare la parte "meta-narrativa", lasciarla solo un catalogo così com'è...)

Parte Prima: il Grande Circo (African Dolls, Humanimals, Videolucidità, La Cardatura, Criceti al forno, Good Smells and Burning Witches)

«Nell’autunno del 2002 Paolo era appena arrivato a Milano e chiese a Federico, suo collega all’università, se avesse un biglietto per la festa delle matricole. Federico glielo trovò, regalandogli il proprio, e invitò Paolo a casa sua per scegliersi un vestito da indossare per la serata. Quando Paolo trovò un completo che gli calzava a pennello, per la prima volta senza il consiglio della madre, la loro amicizia era nata. Dopo la festa ebbero la prima vera chiacchierata, e iniziarono a frequentarsi quotidianamente. L’uno raccontava all’altro storie della sua città, e spesso si scambiavano libri e cd. Erano entrambi indifferenti al denaro e… mai avevano avuto qualcuno che li ascoltava così come loro si ascoltavano.»

«Tutt’e due leggevano e scrivevano molto, e tuttavia non avevano mai mostrato all’altro uno scritto che fosse completo. Al massimo arrivano a leggersi un mezzo racconto, o una mezza poesia, per poi lasciare all’altro la possibilità di completare l’opera. In realtà avevano già in mente come questa sarebbe dovuta finire: il coinvolgimento dell’altro era solo formale. Questa, forse, era l’unica forma di pudore che ancora esisteva tra loro. Nicole, una loro amica comune, diceva che era per il loro orgoglio, in quanto non avrebbero mai accettato di sentirsi criticare un lavoro ormai completo. L’attaccamento che nutrivano per le proprie idee e per la propria creatività, unito ad un pezzo non piccolo di presunzione, era l’unica cosa che avrebbe potuto scalfire la loro amicizia.»


«[...] Quando entrambi decisero di dedicarsi all’arte non pronunciarono mai, in
nessun discorso, la parola "artista". Si sentivano qualcosa di poco definito: un
po’ scrittori, un po’ studenti d’economia, po’ figli della borghesia
ex-sessantottina, un po’ sognatori ad occhi aperti.»



«Un giorno, quasi per caso, Federico si ritrovò a poter disporre della casa dei vicini come meglio gradiva. Ho scritto quasi per caso, poiché in realtà la coppia che abitava di fronte, prima di lasciargli le chiavi dell’appartamento, aveva udito più e più volte i litigi della famiglia Campagna a proposito degli spazi di intimità che per Federico "venivano soffocati" continuamente. Così un giorno si presentarono con questa notizia: "Partiamo per una settimana alle Canarie. Dica a Federico che può entrare e uscire dalla nostra abitazione quando vuole".»


«[...]Senza aspettare un secondo di più, si dedicarono per un’ora buona all’esplorazione dell’appartamento.
Essendo stato lasciato da nemmeno due giorni, non v’era né aria stantia, né troppa polvere. La casa non era grande: una stanza da letto di ampiezza media era collegata da una scala a chioccola ad un soppalco pieno di libri e scatoloni; un bagno luminoso e pieno di rivestito quasi interamente con mattonelle bianche dalle sfumature azzurre; una cucina in stile decisamente new age, con pochi libri di cucina sulle mensole, ma tante ampolle colorate, piante, statuine e simboli pagani; un frigorifero tappezzato di post-it gialli e calamite a forma d’animale; un salotto ampio e collegato da un’arco senza porte alla cucina, forse la parte più bella della casa. C’erano infatti due divanetti ricoperti di stoffa rossa, uno più grande appoggiato al muro e l’altro, di forma assai invitante, al centro della stanza, posizionato di fronte ad un gigantesco schermo al plasma. Sotto il quale c’erano un registratore, un lettore dvd, e a fianco una piccola scrivania con su un computer della Apple (di quei nuovi modelli dal design accattivante), una stampante, uno scanner. C’erano libri ammonticchiati in colonne un po’ ovunque, in ogni angolo e parete vuota. Il loro sguardo si posò però subito sulla libreria della casa, una specie di unica mensola a spirale attaccata al muro, dove i volumi erano tutti o quasi in posizione reclinata. Diedero un’occhiata: una serie di romanzi classici in edizione economica e biografie comprati in edicola, insieme a Repubblica o al Corriere. Qualche volume di saggistica. Ma la libreria fu solo per poco la principale attrazione della casa, poiché in un angolo del salotto v’era un mobiletto di vetro trasparente con una impressionante quantità di dischi, delle epoche più disparate...»

«Federico entrò nella stanza dove Paolo abitualmente scriveva e
sentenziò: “D’ora in avanti aboliremo i condizionali e gli
aggettivi qualificativi: molto, poco, abbastanza.." »

«Dopo aver raccattato una quantità indefinita di foglietti sparsi sul tavolo, Paolo cercò di spiegare la sua idea: "il titolo Entertainment potrebbe essere la fantasia scatenata, fatta di trama fiammeggiante, personaggi pieni di sé e del mondo; l’alba e il sesso, colori forti e vivissimi; un simbolo di questa epoca, più efficace e solido di un monolite nero agli albori della civiltà!" Federico non aveva afferrato bene il tutto, ma sorrise. E brindarono all'idea».

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