Leggere i quotidiani in Rete vuol dire avere accesso a un peggio senza fine. A un'apocalisse etica che, purtroppo per noi, non ha mai termine. Ogni notizia proveniente dall'Italia sembra essere un beffardo insulto all'intelligenza, l'esternaz. Per chi, come il sottoscritto, segue la politica, ogni giorno è la scoperta di un particolare osceno, indecente, raccapricciante, che ti lacera come una frustata: la Ministra-ex velina che solo tre anni fa appariva vestita da sexy-punk; il giudice "ammazza sentenze" reintegrato da una legge ad-hoc; la commissione ministeriale che riesamina il caso di Renzo Bossi, bocciato due volte alla maturità e ora condottiero-fighetto sulle orme del padre, organizzatori di summit padani al Tocqueville di Corso Como. E il premier, il premier che afferma "l'antifascimo non è un mio problema, io penso a governare". Applausi. Ancor di più ti si accappona la pelle quando scopri che quello stesso premier -secondo Repubblica, mica Il Giornale- vola nei sondaggi e raggiunge il 62% di popolarità. Mai così in alto.
Ovviamente tutto questo, questa sconvolgente cronaca che ogni giorno siamo costretti a subire (o forse no?) ha delle radici, ha delle motivazioni. Ha delle spiegazioni, che sarebbe qui troppo complicato riassumere (l'inanità dell'opposizione, l'inesistenza di uno spirito liberal, i troppi egoismi e narcisismi che affliggono coloro che s'impegnano nella società civile, etc.).
Però mi sembra di poter dire, dando un sguardo seppur approssimativo intorno a noi, che questa degradazione non è una esclusiva tutta italiana. Forse da noi ha assunto i tratti più tragicomici, grotteschi. Ma parliamoci chiaro: italiani popolo di allocchi? Sì e no, e comunque non più o meno allocchi degli altri popoli occidentali. Avete seguito le primarie americane? Avete mai sentito un dibattito politico in Spagna, in Francia, in Inghilterra? Vorrei ricordare, tanto per fare un nome, l'immagine della Thatcher a bordo di un tank con un foulard intorno al collo: fu determinante, secondo gli esperti, per il suo second-term, mentre la stessa ideuzza propagandistica costò la Casa Bianca a Dukakis, nel 1988. Senza andare così indietro nel tempo, vogliamo parlare della freddezza dello staff di Tony Blair? Dell'indifferenza dell'opinione pubblica europea di fronte a episodi di razzismo ben peggiori di quelli che stanno avvenendo in Italia? Da noi è finita in prima pagina l'immagine di una sagoma nera imbiancata con lo spray (!), mentre nella periferia di Londra ogni anno una dozzina di adolescenti muoiono accoltellati dai coetanei, a Parigi una cifra doppia di persone muore per scontri razziali, e la Spagna conta circa il triplo di morti in mare di quelli che si raccolgono a largo di Lampedusa. Scrive Michele Serra: "Autorevoli analisti sostengono che la gravidanza precoce della figliola della signora Palin, candidata alla vicepresidenza degli Stati Uniti, potrebbe orientare in un senso o nell’altro parecchi elettori. O perché bacchettoni indignati, o perché bischeri (e bischere) inteneriti. Un amplesso tra teen-agers, con patatine fritte e molti "wow!", determinerà la leadership mondiale."
Guai a consolarci di fronte al "tanto peggio, tanto meglio". Non è questo il discorso che vorrei fare. Al contrario, vorrei dire che se la violenza è americana quanto la torta di mele, allora l'insipienza, la fragilità, l'inconsistenza della società civile è occidentale quanto lo è da noi, seppure possa assumere malanni e sintomi diversi.
Quanto durerà il regno oscuro dei teo-neo-conservatori? Quanto si radicherà la demagogia berlusconiana? Quanto ancora dovremo scappare per sfuggirgli? La mia personalissima opinione è che, per fortuna, l'opinione pubblica costruisce castelli effimeri che non saldano ideali, ma nemmeno regimi totalitari: nel 2002 all'indomani dell'11 Settembre George W. Bush aveva l'89% di popolarità. Ora siamo al 38%, McCain lo tratta peggio di un appestato: solo il nostro premier ancora si commuove a stringergli la mano. Dall'altra parte dell'Atlantico un Paese ferito, umiliato, in piena crisi economica e culturale come gli States riesce, ancora una volta, a rappresentare l'avanguardia simbolica della nostra democrazia. Dico simbolica, perché sappiamo che nei fatti non è così. Guantanamo, la vergogna sanitaria nazionale, i 100milioni di armi non verranno cancellati dal nero della pelle di un presidente. Ma, buon Dio!, se davvero riuscissimo a vivere non solo l'orrido, ma anche questo che sembra sbalorditivo della nostra epoca - il primo Presidente di colore - allora davvero sarebbe un piccolo, grande segno che i cicli della Storia non sono composti solo da fasi depressive e regredite. Che qualcosa si muove, che qualcosa ha ancora voglia di cambiare. Che il regno del Terrore non potrà durare per sempre.
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