lunedì 3 agosto 2009

G come Grido.

"Passeggiavo con due amici quando il sole tramontò. Il cielo divenne all'improvviso di un rosso sangue … I miei amici proseguirono il cammino, mentre io, tremando ancora per l'angoscia, sentii che un grido senza fine attraversava la natura". Così scriveva Edvard Munch nel 1892 raccontando un attimo di sofferta esperienza privata. Le sue parole ricalcano esattamente quell'immagine che, nello stesso anno e con maggiore immediatezza, l'artista fermava sulla carta dipingendo Il grido, indubbiamente la sua opera più nota. Con quel suo grido Munch, più d'ogni altro, ha dato voce e colore al rantolo muto del Novecento. Nonostante sia una gelida icona che incarna spietatamente la condizione esistenziale della modernità, Il grido ha un successo di pubblico straordinario. Gode tutt'oggi di una fama tale da essere stato oggetto, addirittura, di un furto d'arte a scopo d'estorsione. Sgorgando irrefrenabile dal profondo dell'artista, il grido si è trasformarmato, come in realtà prevedeva già il suo autore, in un urlo universale. Collettivo. Ed è così ampia la sua celebrità da venir continuamente fagocitato dal merchandising.

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