Se si studia a fondo il mondo dell'arte contemporanea, si scoprirà che essa è una delle realtà piu' specchianti del nostro tempo: l'arte intesa innanzitutto come strumento di potere, per emergere sotto forma di status distanziante (l'Io-centro lontano dall'uomo-massa); per sovrapporre al proprio anonimato un'etichetta maiuscola (l'Artista) che sancisce l'avvenuto distacco dall'odiosa mediocritas. Del resto ogni opera d'arte, dal libro al film, è di per sè uno strumento di pressione, in quanto prodotto attraverso meccanismi economico-tecnici (la stamperia, la catena di montaggio, il laboratorio, lo spazio espositivo) sempre piu' caratterizzati dalla loro sfrenata dipendenza dal capitale globale. Anche i piu' volenterosi scribacchini, per vedersi pubblicare un romanzo illegibile, ormai ricorrono alle famigerate case editrici fai-da-te, rinnegando il mercato ma diventandone parte integrande de facto.
Eppure, mai come ora, la mediocritas nutre questo smisurato ripiego nell'Ego. Che al tempo stesso, mai come ora, la rinnega, soffondola nell'individualismo sfrenato. Gli artisti contemporanei sono tra le classi culturali meno coinvolte degli ultimi trent'anni, e insieme tra le piu' compromesse. La fretta, l'ansia del denaro, della carriera, del successo (inteso appunto come status), hanno fatto sì che ovunque si giri lo sguardo si trovino tracce emblematiche di questa incorearenza tra premesse e realtà: operazioni di marketing psicologico da parte delle corporation spacciate per esperimenti d'avanguardia, valanghe di denunce (documentaristiche, saggistiche, teatrali, etc.) che non si sporcano piu' con uno straccio di proposta, di intervento, di attivismo reale e concreto. Il precariato creativo, insurgencia da salotto, accetta i cospicui assegni e tace, spacciando il suo silenzio come frutto della post-ideologia dei nostri tempi.
Cos'è la creatività radicale, oggi, se non il campo piu' ambiguo dove esprimere la propria alterità? La creatività sempre piu' spesso diventa complice di un sistema di potere che vorrebbe cambiare: ne viene fagocitata, assorbita completamente, e poi esplulsa sotto forme irriverenti che lasciano reiterare questo gioco all'infinito.
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