mercoledì 2 dicembre 2009

Il mucchio selvaggio ovvero non serve un pensiero colto per cambiare il mondo

PRENDEVI 10 MINUTI DI TEMPO PER LEGGERE, NE VALE LA PENA.


Pensando ad una modalità d’azione per un progetto che ho in testa con Marco, mi sono imbattuta nello studio di un movimento davvero anomalo, ma molto interessante.

Riflessioni tratte dal libro “Ribelli con stile” di Guarnaccia.

“Ci si appropria di una città fuggendo o avanzando nell’alternarsi delle cariche, molto più che giocando da bambini per le sue strade o passeggiandovi più tardi con una ragazza. Nell’ora della rivolta non si è mai soli in città.” Furio Jesi, Spartakus

L’opinione comune è che in Germania non sia mai esistita una vera opposizione al nazismo. La realtà è molto diversa. Un’opposizione durissima c’è stata ed è stata operata da alcune bande giovanili, con il gggiovane gergo contemporaneo possiamo chiamarle gang, davvero poco politically correct ma soprattutto involved.

Si tratta di giovani, anzi giovanissimi dato che avevano tra i 14 e i 17 anni, che componevano un’area di dissenso, oggi dimenticata perché non corrisponde al nostro clichè di resistenza: ferrei ideali, combattenti per nobili valori e intellettuali. Neanche il cambio di regime portò loro un riconoscimento. Per non mettere in discussione la codardia dell’opinione pubblica, la Germania non fremeva dalla voglia di dire al mondo che qualcuno un no secco lo aveva detto.

Le Wilde Clinque sono gruppi autorganizzati definiti “vagabondi, malavitosi, con simpatie anarchiche”. Sono eroi? Sono intellettuali? Sapevano quello che significavano i loro gesti? No.
Ecco il punto. Non volevano comunicare, coinvolgere, convincere. Sono solo ragazzi insofferenti alla disciplina e al modo di vivere nazista. Così decidono di opporsi nel modo più naturale possibile per un ragazzino ribelle: facendo risse e sbronzandosi… come dire Kerouac non ha inventato davvero nulla.

Da brava subcultura avevano anche un codice di vestiario: camice a quadrettoni e pantaloni larghi, vi ricorda qualcosa?

Nel 1930 esistevano 600 bande a Berlino che contavano 14.000 partecipanti, mica bruscolini. Le bande si spostavano all’interno della città senza logica, solamente per esplorarla. Un’attività sufficiente a provocare allarme sociale, visto che la stanzialità era la regola a cui aderiva ogni cittadino modello. Si rifiutavano di conformarsi alle regole comportamentali e vennero dichiarate nemiche dello stato.

Furono i primi ospiti dei campi di concentramento, ma la loro attività non cessa fino alla caduta del muro di Berlino. La Gestapo non riusciva a contrastare le loro azioni. A Vienna, gli Schlurfe, antenati dei Mod, eleganti e appassionati di belle donne, erano in grado di impedire agli hitleriani l’ingresso al Prater.

Di loro dicevano che "fumavano come un poeta ebreo da caffè, che bevevano come un coloniale inglese, che erano portatori di malattie veneree e che avevano gli stessi ideali dei ganster anglosassoni”.

Stessa storia per i membri dei pirati della stella alpina. Giovani scapestrati che riescono a sottomettere una dittatura.
In alcune città come Wuppertal, nessun membro della Hitler Jungen osava uscire da solo per strada se non voleva essere picchiato a sangue.
Colonia era la città con più Edelweiss Jungen, la polizia ne ha schedati più di 16.000, nonostante gli arresti, le torture e le persecuzioni.

Durante la fase finale del conflitto, l’azione delle bande passa da scherzi e risse a veri e propri sabotaggi. Scrivevano sui muri frasi contro il regime, rubavano armi, aiutavano i prigionieri di guerra evasi, nascondevano i disertori.

A Colonia, sei di loro (il più grande aveva 16 anni) furono impiccati e lasciati nella piazza centrale. Quando gli angloamericani arrivarono e li videro, rimasero interdetti. Non si aspettavano una resistenza così decisa.

Il marchio da criminali fu appiccicato loro addosso fino al 2005, quando sono stati finalmente riabilitati.

LE MIE CONCLUSIONI
Per reagire non servono grandi idee, grandi pensieri d’azione o intellettuali o citazioni colte o giustificazioni. Basta iniziare a vivere in modo diverso e ogni tanto comportarsi da vandali. A volte un’esasperazione giocosa vale più di processi, articoli e libri.

3 commenti:

Anonimo ha detto...

Giusto. Ma come tu stesso hai scritto l'esempio "vive" nel tempo solo se c'è qualche intellettuale o qualche volenteroso che ne riesuma la storia. Come hai fatto tu in questo momento.
Reagire vuol dire già essere salvi? Io credo che conti, ancora, "comunicare, coinvolgere, convincere", come dici tu. E forse mi sbaglio. Forse sono i termini che incutono timore.
Un'esasperazione gioiosa può essere bruciata nei forni e lasciare intatto il predominio del Male se non c'è collegamento tra le idee, tra gli uomini, tra tutti coloro che danno l'esempio.

Anonimo ha detto...

comunque è una storia molto bella che io pure avevo rimosso. ah, sul tema dell'esempio individuale e sulla necessità di realizzare l'utopia "ora" avevo già pensato di scrivere qualcosa, fra qualche giorno. ciao!p.

Lafranzine ha detto...

Non è utopia quella di cui parlavo. Sono d'accordo con te, gli intellettuali, gli scrittori, i giornalisti hanno ora più un ruolo da museo che perpetua il ricordo, della maggioranza ovviamente. Io parlavo di vita, focalizzata al presente non di una ricerca di notorietà futura. Anche senza riconoscimenti, hanno combattuto e salvato vite. Tramandare la storia non è sufficiente e neanche necessario se si vive nella paura.

Ovviamente il mio discorso è limitato alla contestazione e l'emergenza sociale, non ad altri ambiti.

Ps. Io non lo avevo rimosso, non lo sapevo.