martedì 22 gennaio 2008

scartabellando, racconti

In attesa che Fede abbia nuovamente tempo per la sua vena da scrittore, mi prendo la libertà di riproporre una cosa che lui aveva scritto e che avevo postato sul mio blog.




Le sette. Era già tardi.

Chiuse i libri dell’università sul tavolo della cucina e accese la macchinetta del caffè. Doveva essere ben sveglia quella sera.

Mentre dalla macchinetta usciva un doppio rivolo di caffè caldo, Chiara andò in bagno a darsi un’occhiata. C’era molto da fare. Le sopracciglia erano ricresciute disordinate, le occhiaie invadevano buona parte degli zigomi. E la pelle...! Pallida come una malata.

Corse indietro a recuperare il caffè strabordante dalla tazzina.

Bevve silenziosamente, con gli occhi persi lungo le piastrelle.

Scorreva mentalmente il guardaroba che custodiva in camera, con la memoria di un pastore che conta il suo gregge.

Aveva appena comprato un vestitino azzurro, in un negozio di Porta Ticinese, che le piaceva da impazzire. Pensò alle scarpe con cui abbinarlo.

Mordicchiò un’unghia fino a consumarla, poi attaccò il polpastrello.

Gironzolava per la stanza con la punta del dito in bocca. Canticchiava. Le pupille le si stringevano e si allargavano ogni volta che entrava e usciva dall’armadio.

Per primo indossò il vestitino azzurro. Leggero sulle spalle, senza maniche, stringeva dolcemente la vita e i fianchi per poi scendere morbido lungo le gambe. Si girò, torcendo la testa per guardarsi allo specchio. Mmmmh.. Lo sfilò con cura e l’appoggiò su una sedia.

Uno dopo l’altro estrasse dall’armadio tutti i vestiti. La sua espressione cambiava ogni volta davanti allo specchio. Alcuni le rimasero addosso per un po’, osservati con attenzione, altri sparirono al primo sguardo. Il letto scomparve lentamente sotto gli abiti.

Accese lo stereo su una stazione che trasmetteva musica pop sudamericana.

Si annusò le ascelle. Si toccò le gambe, passando il palmo della mano lungo il polpaccio. Si tolse tutto tranne il tanga nero e riprese a gironzolare per casa. Emozionata, agitata. I piedi nudi calpestavano indifferenti la sporcizia del corridoio e del bagno. Prese un paio di vecchie pantofole e le appoggiò sul bordo del tappeto sotto il lavandino. Entrò nella vasca e in piedi, spruzzando tutt’attorno, si fece una lunga doccia calda. La spugna scivolava frizionando la pelle e le mucose. Il profumo del bagnoschiuma allo zucchero a velo invase l’aria e le diede un senso di infinito benessere. Bella. Bella. Ad occhi chiusi sotto il getto d’acqua si sentiva già più bella. Da mangiare. Si baciò una spalla e la punta della lingua leccò la pelle del braccio. Il bagnoschiuma aveva un sapore amarissimo e al riportò alla realtà.

Dovevano essere le sette e mezza, aveva solo mezz’ora.

E lui…lui sarebbe stato puntuale. Come sempre.

Riempì il lavandino d’acqua calda per scaldare la ceretta.

Aprì l’asciugamano bagnato e si sedette sul letto.

Il colore dell’impasto la disgustava, e ancora di più la disgustavano le strisce usate, piene di piccoli peli neri.

Accese il phon. Piacevole, caldo suono del phon. Le faceva nascere sensazioni e ricordi indefinibili. Come una carezza profonda, un senso di casa. Chiusegli occhi mentre si passava il getto caldo sulla pancia. Vide il volto di lui, le sue mani. Un piccolo brivido salì lungo le braccia. La cera era pronta. Appoggiò il phon acceso sul cuscino e applicò le strisce. Pensò al freddo pungente della neve. Strappo. All’acqua del mare di notte. Strappo. Pensò alle sue gambe lisce. Strappo. Alle mani di lui. Strappo.

Prima di passare i capelli nella piastra cercò le creme per il corpo. La stanza era in un disordine incredibile. Cumuli di vestiti, borse, libri e biancheria spuntavano ovunque. L’unico spazio ordinato era il ripiano sotto il grande specchio, dov’erano allineate le creme. Scelse l’idratante al profumo di vaniglia. L’annusò. Ancora liceale, aveva un profumo alla vaniglia che usava spesso. Lo metteva sempre prima di andare a casa del suo fidanzato di allora. E quando tornava a casa la vaniglia s’era mischiata a mille nuovi odori.

Le otto meno un quarto!

Tardi!

Ma la piastra richiede il giusto tempo e attenzione.

Sentì i capelli lunghi e lisci sul dorso della mano.

Piegata verso lo specchio passò il fondotinta e poi la terra. Gli occhi seguivano attenti il lavoro del pennello sulle guance. Prese un rossetto acceso con i brillantini. Un po’ di ombretto color del bronzo. Poi la matita. E il rimmel.

Indossò il vestito azzurro. Attraverso la trama leggera del tessuto si intravedevano le gambe.

Salì su un paio di scarpe con la zeppa. La tensione delle cosce le diede coscienza di essere più alta di dieci centimetri.

Otto meno cinque.

Uscì dalla stanza lentamente. Il corridoio dell’ingresso era buio e la porta della sala si scorgeva a malapena sul fondo. Fece scivolare la mano sullo stipite prima di chiudersi la porta alle spalle. Pochi passi, al ritmo leggero del respiro. Era tutto perfetto, quando girò la miglia e entrò nella sala. Il buio che avvolgeva i divani era rischiarato dalla luce dei lampioni.

Sul tavolino al centro della stanza una bottiglia di vino rosso ed un bicchiere. Ne versò un poco.

Si sedette sul divano, sorseggiando il vino. Guardò l’ora segnata sul display del videoregistratore.

Le sette e cinquantanove.

È pronta.

Il canale già sintonizzato.

Accende la tivù.

Espira profondamente, affoga la bocca nel bicchiere.

Ancora pochi attimi, e sullo schermo appare Lui, “profumato”, splendente….

…Puntuale, come sempre.

Come tutti i martedì sera.

27 settembre 2006

Federico

8 commenti:

Anonimo ha detto...

uno dei miei racconti preferiti...

paulmoss ha detto...

eh si me lo ricordo eccome!
cazzarola, eravamo ad Eveline qualche anno fa...
quanti ricordi....

Sagace, algido, in fondo spietato: in pieno stile frederick!

ma fra quand'è che pubblichi qualcosa di VERAMENTE tuo??è un'invito che faccio a tutti..non abbiate vergogna..

gaia ha detto...

io non lo conoscevo. BELLiSSimo..davvero l'hai scritto tu fede? ci sono cose che solo una donna prova, cavolo, come hai fatto? la crema idratante alla vaniglia, addirittura...gli odori, quelli veri! bravo, bravo, mi è piaciuto moltissimo..

p.s. avete visto che luna stasera? luna da ridere al cielo,e zompettare in giro,senza motivo..
vi bacio tutti, tuttiquanti!

paulmoss ha detto...

ops..ho scritto male il p.s.:

"ma Fra (vocativo, riferito a francesca), quand'è...?"

lafranzine ha detto...

l'aveva letto per la prima volta alla mostra alle colonne... è uno dei suoi racconti che mi è piaciuto di più

Federico ha detto...

sigh, sono commosso ragazzi..
sembra una retrospettiva..
vorrei quasi essere morto per davvero...

Federico ha detto...

comunque gaia, devo deluderti.
le dritte sul mondo femminile me le ha date tutte la fra..
e anche un paio su quello maschile..

Anonimo ha detto...

ma perche' si annusa le ascelle?
quella parte non ha senso.
pero' rivela le passioni piu' bestiali dell'autore.
caro autore, sono l'utente anonimo.
perche' non mi annusi le ascelle?