sabato 21 giugno 2008

FORSE SONO UN TUBO

Sono qui seduta al parco. A Milano è una splendida giornata di sole, di quelle giornate che finiranno presto non appena riappariranno, puntuali come ogni estate, afa e zanzare.
È una giornata piacevole. Ho finalmente aggiustato la bici (anche se non sono del tutto convinta che sia a posto) e sono andata al mercato a fare la spesa. Io adoro comprare al mercato, è come venire trasportati in un altro tempo.

Nonostante tutto non riesco a sentirmi felice. La sensazione di insoddisfazione, che mi ha sempre attanagliato, si sta facendo più intensa. Non mi sento parte di nessun posto, di nessun rapporto. Non riesco a creare connessioni. Forse questa sensazione è stata accentuata anche dall’ultimo libro che ho letto “La metafisica dei tubi” di Amélie Nothomb.

Il libro si apre affrontando il problema dell’inerzia e si chiude affrontando il tema del suicidio.

Sarà proprio vero che il cercare qualcosa o il fare qualcosa… che in generale l’azione sia meglio dell’inerzia? Non è solo un modo umano e del tutto fallimentare di reagire alla nostra impossibilità di controllo? Non è un contentino che noi ci regaliamo?

In principio era il nulla. E questo nulla non era né vuoto né vacuo: esso nominava solo se stesso. E Dio vide che questo era un bene. Per niente al mondo avrebbe creato alcunché. Il nulla non solo gli piaceva, ma addirittura lo appagava totalmente”. (…) “ Dio era soddisfazione assoluta. Non desiderava niente, non aspettava niente, non percepiva niente, non rifiutava niente e niente lo interessava. La vita era di una pienezza talmente intensa che non era vita. Dio non viveva: esisteva”.

Per riuscire a prendere tutto, percepire tutto bisogna essere inerti. La viva implica una costante scelta, una costante preferenza.

Che differenza c’è fra occhi che possiedono uno sguardo e occhi che ne sono sprovvisti? Questa differenza ha un nome: si chiama vita. La vita inizia laddove inizia lo sguardo.” (…) “ Lo sguardo è una scelta. Chi guarda decide di soffermarsi su una determinata cosa e di escludere dall’attenzione il resto del proprio campo visivo. In questo senso lo sguardo, che è l’essenza della vita, è prima di tutto un rifiuto”.

La vita non è altro che un continuo susseguirsi di rifiuti mascherati dal piacere, la sua ricerca è l’unica cosa che ci mantiene in vita. Non si tratta di felicità, ma di piacere.

La voluttà gli dà alla testa, gli lacera il cervello e vi fa rimbombare una voce che non aveva mai sentito prima: “Sono io! Sono io, vivo! Io parlo! Non sono né egli né lui, io sono io! Non dovrai più dire egli per parlare di te, dovrai dire io!

Il piacere ti fa riscoprire te stesso, il tuo corpo e le tue dimensioni. È il piacere che dona la consapevolezza, chi ostenta la propria frigidità ostenta il proprio nulla.
Allora cos’è che mi frena dall’accettarlo? Il piacere è la più grande rinuncia che noi attuiamo. L’affermazione perentoria dell’io è l’esclusione di tutto ciò che ci circonda. È una questione di sguardo. Io non sono ancora pronta a rinunciare a scoprire ciò e chi mi circonda. Purtroppo questo comporta l’inerzia e io vivo, come voi, in un mondo che non accetta l’inerzia perché significherebbe accettare la constatazione che le azioni non servono a nulla perché completamente dettate dal caos. Chi crede di poter cambiare, modificare, governare la realtà mi provoca un sentimento di profonda tenerezza compassionevole e grande invidia. Vorrei poter credere anche io in questa ingenuità di pensiero.

1 commento:

Unknown ha detto...

Fra ti ho scritto 2 mex...ma ti sono arrivati?!Fammi sapere...ci tengo...fatti sentire...e tira fuori le unghie leonessa che le hai!Mi mancano le nostre difficoltà comunicative...hihihi!fattì sentì via tel...manu